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In aumento export bellico svizzero nel primo semestre

(Keystone-ATS) Nel primo semestre 2012 i fabbricanti svizzeri di armi hanno esportato materiale bellico per un valore di 415 milioni di franchi. Si tratta di 87 milioni in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

È quanto emerge dalla statistica pubblicata stamani dall’Amministrazione federale delle dogane.

L’industria dell’armamento è sulla buona strada per raggiungere il livello primato del 2011, con un valore esportato pari a 873 milioni. Ciò si spiega in particolare con la vendita di aerei Pilatus agli Emirati arabi uniti.

La seconda parte del contratto aumenta ulteriormente le cifre dei primi sei mesi del 2012. Con circa 132 milioni di esportazioni, gli Emirati arabi uniti figurano in seconda posizione fra i destinatari esteri, dopo la Germania con acquisti nel primo semestre dell’anno per 146 milioni.

Tra i principali acquirenti figurano anche l’Italia, gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Romania, l’Arabia saudita e l’India, che hanno proceduto ciascuno ad acquisti per svariati milioni di franchi. In misura minore, armi sono state vendute a Qatar, Oman, Giordania e Brunei.

Contrariamente agli anni precedenti, non è stato venduto materiale bellico né a Egitto, né a Israele. Dall’inizio della “Primavera araba”, la Svizzera osserva una politica d’autorizzazione molto più rigorosa, ha spiegato all’ats Simon Plüss, capo della sezione Controlli all’esportazione/Materiale bellico, presso la Segreteria di Stato dell’economia (SECO).

Le autorizzazioni – ha precisato – sono concesse col contagocce per le armi di piccolo calibro. La SECO è invece stata meno severa per i sistemi di difesa aerea e le relative munizioni. Queste armi non possono praticamente essere impiegate contro la popolazione civile.

Inoltre, si continua a ignorare come mai granate a mano prodotte in Svizzera, che sarebbero inizialmente state acquistate dagli Emirati arabi uniti, siano finite nelle mani dei ribelli siriani. In seguito a rivelazioni della stampa, Svizzera ed Emirati hanno istituito una commissione d’inchiesta comune, i cui lavori non sono ancora conclusi.

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