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India: verso governo di destra con Modi

(Keystone-ATS) Domani l’India conoscerà l’esito della più grande e lunga elezione della sua storia, con lo spoglio di 535 milioni schede, il cui verdetto, secondo tutti i sondaggi, incoronerà il leader della destra Narendra Modi.

Il conteggio dei risultati del voto elettronico sarà condotto dalla Commissione elettorale a partire dalle 08:00 (le 04:30 ora svizzera) e dopo circa quattro ore potrebbe già emergere un trend chiaro sul vincitore della maratona iniziata il 7 aprile e terminata il 12 maggio. Gli exit polls hanno indicato la possibilità che il partito nazionalista indù Bharatya Janata Party (Bjp) e i suoi alleati possano conquistare la maggioranza dei 543 seggi della Camera bassa (Lok Sabha). In questo caso il Bjp tornerebbe al potere dopo 10 anni di opposizione, in cui al governo c’è stato il Partito del Congresso di Sonia e Rahul Gandhi e Manmohan Singh come premier.

Nel quartiere generale del Bjp, in Ashoka Road, New Delhi, si stanno già preparando i festeggiamenti con l’allestimento di tendoni per la stampa e tonnellate di dolci al latte da distribuire ai sostenitori. Il partito prevede una mega cerimonia di benvenuto per Modi, che giungerà da Gandhinagar, il capoluogo dello stato nord occidentale del Gujarat, dove è al potere. In forte contrasto, gli uffici del Congresso di Janpath erano stasera deserti.

Il leader, che ha condotto una massiccia ed estenuante campagna elettorale, potrebbe trasferirsi già nei prossimi giorni nella residenza-ufficio del premier, a Race Course, dove l’81enne Singh sta preparando le valigie. In questi giorni, la stampa indiana ha tracciato diversi bilanci, con luci e ombre, dell’economista di fede sikh voluto nel 2004 dall’italo indiana Sonia Gandhi per governare la nazione asiatica. Il taciturno e riservato Singh, noto per aver varato le prime riforme negli anni Novanta, è stato duramente criticato per il crollo del Pil dal 9 al 5%, per il silenzio di fronte a gravi scandali e anche per essere sottomesso alla potente Sonia.

È indicativo che Rahul Gandhi, figlio e delfino della presidente del Congresso, ieri sera abbia disertato la cena offerta dalla madre per dare l’addio al primo ministro. C’è anche la possibilità che la coalizione di centrodestra non riesca a raggiungere la maggioranza, uno scenario che però solo pochi exit poll hanno preso in considerazione. In questo caso si aprirebbero delle trattative del Bjp con i potenti partiti regionali di Uttar Pradesh, Bihar e Tamil Nadu.

L’ascesa di Modi, un “outsider” nel suo stesso partito per il sospetto coinvolgimento nei massacri di musulmani del 2002, ma fautore d’uno sviluppo basato sull’industrializzazione e sulle agevolazioni agli investimenti produttivi, è stata favorita dalle sue capacità come governatore del Gujarat, ma anche dalla voglia di cambiamento, in particolare del ceto urbano. Nei 12 anni in cui è stato “chief minister”, spiega all’agenzia di stampa italiana ANSA l’analista politico Subhash Agrawal, fondatore del think tank India Focus, Modi “ha mostrato di saper produrre risultati grazie a una buona governance e a un’amministrazione non corrotta. Se lo si paragona alla performance del Congresso nell’ultimo quinquennio, c’è una enorme differenza. Non stupisce quindi che gli elettori lo abbiano premiato e abbiano invece punito il partito dei Gandhi”.

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