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Iniziativa UDC su espulsioni stranieri chiaramente respinta

(Keystone-ATS) Ancora una volta sola contro tutti, questa volta l’UDC non ce l’ha fatta: l’iniziativa per l’attuazione dell’espulsione di stranieri criminali è stata chiaramente respinta dal popolo svizzero, con il 58,9% di no. Il Ticino l’ha però sostenuta in modo compatto.

Che vi sia stata una “sollevazione delle élite”, come l’ha chiamata il consigliere nazionale più votato di tutti i tempi, il democentrista zurighese Roger Köppel, o un massiccio e benefico intervento della società civile, come affermato dai contrari, una cosa è chiara: la mobilitazione è stata notevole – la partecipazione è stata di circa il 63% – e questa volta ha giocato contro il partito di Toni Brunner.

La proposta di inserire nella Costituzione un dettagliato articolo che attuasse l’iniziativa accolta dal popolo nel 2010 sull’allontanamento dalla Svizzera degli stranieri che commettono reati, aggirando nel contempo una normativa di applicazione decisa dal parlamento, ha trovato sostegno solo in sei cantoni.

Campione del sì è risultato il Ticino, con il 59,4% delle schede. Negli altri cantoni favorevoli – tutti piccoli e tradizionalmente conservatori: Uri, Obvaldo, Nidvaldo, Appenzello Interno, Svitto – l’approvazione è stata più tiepida, compresa fra il 51% e il 54%.

Sul fronte dei no si sono schierati tutti gli altri cantoni, la maggioranza nella fascia 51%-60% (fra questi i Grigioni: 58,2%), con punte del 64,5% a Ginevra, del 65,3% a Neuchâtel e del 70,2% a Basilea Città (70,2%), regioni a forte presenza di stranieri.

Complessivamente a livello nazionale i no sono stati 1’966’976, sopravanzando nettamente i 1’375’058 sì.

“I contrari all’iniziativa hanno condotto una buona campagna, bisogna riconoscerlo senza invidia”, ha affermato il capogruppo UDC Adrian Amstutz. Il partito chiede ora che le promesse fatte dai contrari durante la campagna di votazione siano rispettate. “In tal caso avremo un buon compromesso”, ha aggiunto.

Il consigliere nazionale bernese teme però che la clausola per i casi di rigore – inserita dal parlamento nella legge di attuazione della sua iniziativa del 2010 approvata dal 52,9% dei votanti, il 61,3% in Ticino – possa portare ad abusi. Amstutz prevede che le decisioni di espulsione da parte dei giudici rimangano più l’eccezione che la regola, ma spera di essere smentito.

Da parte sua Albert Rösti, probabile futuro presidente dell’UDC, ha detto di prendere in parola l’impegno del PLR, che ha parlato di un’applicazione “rigorosissima” (“pfefferscharf”, nell’originale) della legge approvata un anno fa dalle Camere federali. Disposizioni che non sono state combattute con un referendum e che entreranno in vigore secondo la decisione che sarà presa a breve dal Consiglio federale.

Secondo Rösti, la sconfitta democentrista è dovuta al fatto che i contrari sono aumentati nelle ultime settimane: “molti hanno avuto probabilmente l’idea che non bisognava lasciar vincere una volta ancora l’UDC”. A suo avviso il “no” è comunque da accettare. “Il dibattito è stato molto positivo, ne andava della sicurezza della Svizzera”, ha concluso.

Per il presidente del PLR Philipp Müller la chiave per comprendere la vittoria dei contrari è proprio la mobilitazione: si sono impegnate tutte le cerchie, anche quelle economiche che solitamente rimangono in disparte. Dopo il primo sondaggio Gfs.bern di gennaio che dava l’iniziativa vincente si è messa in moto una dinamica incredibile, ha spiegato il consigliere agli stati argoviese. Si sono formati spontaneamente comitati contrari e voci sempre più numerose si sono levate per lottare contro la proposta.

Per il presidente del PPD Christophe Darbellay lo smacco subito dall’UDC potrebbe rappresentare la fine di un’era e forse la partenza del vicepresidente Christoph Blocher non è solo una coincidenza. “Questa volta gli argomenti emotivi non hanno fatto presa, il popolo si è dimostrato saggio”, ha detto. L’UDC è finita nella trappola che aveva essa stessa preparato.

Ancora più duro il PS, che parla di una “vittoria storica del popolo di fronte alle tendenze totalitarie dell’UDC”. “La società civile si è mobilitata per difendere in modo chiaro lo stato di diritto, la tutela delle minoranze e l’umanità, contro la xenofobia”, ha sostenuto il presidente Christian Levrat. A suo avviso la spirale della radicalizzazione dell’estrema destra ha avuto oggi una battuta d’arresto: l’alleanza creatasi durante la campagna va mantenuta, per per sostenere in giugno la legge sull’asilo.

Il popolo ne ha avuto abbastanza della politica della paura praticata dall’UDC, gli ha fatto eco Flavia Kleiner, esponente di punta del comitato di organizzazioni non governative (ong) che si è battuta contro l’iniziativa per l’attuazione delle espulsioni.

Anche Amnesty International si è detta sollevata per il fatto che sia stato respinto un “attacco frontale allo Stato di diritto e ai diritti umani”. Secondo Amnesty si tratta ora di battersi contro altri attacchi e iniziative contrarie al diritto internazionale.

Pure l’Unione sindacale svizzera (USS) guarda avanti, ma anche in altre direzioni: secondo l’organizzazione il voto mostra anche che sulle questioni decisive che riguardano il futuro del Paese – come l’applicazione dell’iniziatica contro l’immigrazione di massa – l’UDC non potrà imporre i sui diktat.

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