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Innevamento in Svizzera: 37 giorni in meno rispetto a 1970, studio

Una volta c'era neve vera (foto allegata alla nota di presentazione dello studio) sda-ats

(Keystone-ATS) Sulle Alpi svizzere a causa del riscaldamento climatico il periodo di innevamento comincia oggi in media 12 giorni più tardi in autunno e finisce 25 giorni più presto in primavera rispetto al 1970. È quanto emerge da uno studio pubblicato oggi.

Lo studio, pubblicato congiuntamente dall’Università di Neuchâtel, dall’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL nonché dall’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe SLF, rivela che la durata dell’innevamento si è accorciata in tutte le regioni e a tutte le altitudini tra 1100 e 2500 metri di quota.

I ricercatori, guidati dalla climatologa Martine Rebetez, hanno selezionato lungo l’arco alpino elvetico 11 stazioni della rete di MeteoSvizzera che presentavano serie di dati continue almeno dal 1970, indica una nota di presentazione. Tutte hanno registrato un accorciamento significativo del periodo di innevamento, indipendentemente dalla regione e dall’altitudine.

Questo accorciamento si riscontra principalmente in primavera, con uno scioglimento della neve sempre più precoce. D’altro canto il manto nevoso si forma più tardi in autunno, ma in proporzioni assai meno rilevante. In media per l’insieme delle stazioni si è constatato che l’innevamento comincia oggi 12 giorni più tardi rispetto al 1970 e finisce 25 giorni prima.

I ricercatori hanno inoltre misurato una riduzione del 25% in media dell’altezza massima annuale dello strato nevoso. E il momento in cui si riscontra questo massimo cade oggi in media 25 giorni prima di quanto avvenisse 45 anni fa.

All’inizio degli anni Settanta gli inverni erano particolarmente nevosi, il che rafforza ancora la differenza con gli inverni attuali. Ma i dati sono inequivocabili. Spiega Martine Rebetez: “Questi nuovi risultati mostrano che la durata dell’innevamento si è ridotta in tutte le stagioni e a tutte le altitudini e non soltanto d’inverno, al piano e in media montagna dove tutti possono facilmente rendersene conto”.

Anche se non fornisce proiezioni per il futuro, lo studio sottolinea che ci si devono aspettare conseguenze rilevanti, non solo per le attività legate direttamente alla neve, ma anche per l’approvvigionamento d’acqua estivo, per le attività umane come pure per gli ecosistemi naturali.

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