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Iran riapre il giallo sull’ex spia Usa sparita nel 2007

Per la prima volta Teheran ha riconosciuto di avere un caso ancora aperto presso la sua Corte Rivoluzionaria riguardante Robert Levinson, 58 anni, l'ex agente dell'FBI scomparso in Iran nel 2007 durante una missione per conto della CIA. KEYSTONE/AP/MANUEL BALCE CENETA sda-ats

(Keystone-ATS) Per la prima volta Teheran ha riconosciuto di avere un caso ancora aperto presso la sua Corte Rivoluzionaria riguardante Robert Levinson, 58 anni, l’ex agente dell’FBI scomparso in Iran nel 2007 durante una missione per conto della CIA.

Un’ammissione che arriva pochi giorni dopo che il dipartimento di Stato Usa ha annunciato una taglia da 20 milioni di dollari per chi fornisca informazioni utili all’individuazione e al rimpatrio di Levinson, considerato l’ostaggio americano detenuto più a lungo.

L’FBI aveva già offerto 5 milioni di dollari, quindi in totale si tratta di 25 milioni di dollari: una cifra analoga a quella messa in palio per la cattura del leader dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi, il terrorista più ricercato del mondo, poi eliminato nel recente blitz Usa.

Tutto è partito dalla famiglia di Levinson, che aveva affermato di avere ogni motivo per credere che il proprio caro fosse vivo. Per questo si è rivolta al Gruppo di Lavoro dell’Onu che indaga sulle sparizioni forzate o involontarie e questa volta, a sorpresa, l’Iran ha risposto positivamente.

“Stando alla dichiarazione del ministero della Giustizia, Robert Levinson ha un caso in corso davanti alla Corte rivoluzionaria di Teheran”, si legge nella email inviata dagli investigatori Onu alla famiglia. I

n febbraio invece Teheran aveva chiesto allo stesso gruppo di lavoro di chiudere la sua indagine su Levinson, in quanto “non è stata fornita alcuna prova che dimostri la sua presenza nelle prigioni iraniane”.

È quindi la prima indicazione in oltre un decennio che l’ex agente dell’FBI potrebbe essere detenuto in Iran e sottoposto ad indagini. In genere la Corte rivoluzionaria tratta casi di spionaggio, sovversione, contrabbando, blasfemia, con processi a porte chiuse che per gli occidentali o gli iraniani con doppia nazionalità si concludono spesso con condanne da usare come merce di scambio nei negoziati.

Per anni Teheran ha negato pubblicamente di essere a conoscenza del destino di Levinson, nonostante i media statali avessero riportato che era stato arrestato al momento della sua scomparsa, il 9 marzo 2007 nell’isola iraniana di Kish.

Gli Usa sostennero a lungo che l’uomo – un agente Fbi che si era distinto in operazioni contro la mafia italiana e russa – stava lavorando in quell’occasione per un’azienda privata. Ma nel 2013 l’Associated Press rivelò che in realtà era in missione per analisti della CIA.

La sua famiglia ha ricevuto 2,5 milioni di dollari l’anno dall’agenzia di intelligence per bloccare una causa che avrebbe rivelato i dettagli del suo lavoro, mentre tre analisti sono stati cacciati ed altri sono stati sanzionati.

Nelle uniche immagini emerse dopo la scomparsa, risalenti al 2010 e 2011, Levinson indossa una tuta arancione simile a quella dei prigionieri nel carcere Usa di Guantanamo e appare dimagrito, con la barba e i capelli lunghi. In un video, con una popolare canzone nuziale pashtun in sottofondo, l’uomo si lamenta delle sue cattive condizioni di salute.

Oltre a lui, ci sono almeno altri quattro americani detenuti in Iran. L’amministrazione Trump sembra determinata a ottenere la loro liberazione, sullo sfondo di eventuali negoziati sul nucleare che però sembrano ancora lontani.

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