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Italia: aggressione a picconate, periti, Kabobo non era incosciente

(Keystone-ATS) Mada Kabobo, il ghanese di 31 anni che lo scorso 11 maggio aggredì a colpi di piccone alcuni passanti a Milano, uccidendone tre, “non ha commesso gli omicidi in una condizione di totale assenza di coscienza, di automatismo, del tutto travolto dalla malattia”, ovvero la “psicosi schizofrenica”.

Lo scrivono i periti Ambrogio Pennati e Isabella Merzagora nelle circa 180 pagine della relazione pubblicata oggi.

Kabobo, scrivono i periti, “per esempio, ricorda la numerosità delle vittime, il loro genere, le sequenze degli atti, le armi usate; a tale ultimo proposito, si è anche procurato un’arma più efficiente della prima scelta”. E il ricordo, aggiungono, “non è compatibile con una totale assenza di coscienza durante i fatti”.

I motivi “da lui riferiti” dell’aggressione a picconate ai passanti, si legge ancora nella relazione, “sono sì in gran parte patologici, ma assieme a questi ne riporta anche altri, quali il rancore e la frustrazione per non essere ascoltato da nessuno”. E poi “la motivazione dell’omicidio come perversa richiesta d’aiuto; addirittura avrebbe voluto essere catturato ‘così finiva tutto’, intendendo il freddo e le sofferenze causate dalle voci. Ed anche ‘pensavo mi sparassero’, secondo la dinamica del suicidio indiretto”.

Benché “ambivalenti”, si legge ancora nella perizia, “Kabobo ha anche avanzato valutazioni morali circa i propri gesti”. In un colloquio con i due periti, infatti, il ghanese ha raccontato: “Quando ho visto quella scena lì mi è dispiaciuto tanto però nella mia mente sentivo che queste voci parlavano la stessa lingua di quella persona e pur sapendo di aver fatto una cosa sbagliata l’ho fatta”.

Dunque, i periti concludono scrivendo che la sua capacità di intendere non era “totalmente assente” e la capacità di volere era “conservata”. Kabobo, inoltre, ha la capacità di partecipare “coscientemente” al procedimento penale a suo carico, anche perché “dopo la somministrazione di farmaci antipsicotici” ha “evidenziato un rimarchevole miglioramento delle proprie condizioni rispetto al momento della commissione dei delitti”.

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