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Italia: Elisa Claps, svolta dopo 17 anni, è suo quel corpo

(Keystone-ATS) POTENZA – La vicenda della scomparsa della studentessa Elisa Claps, il 12 settembre 1993 sembra essere arrivata a una prima svolta, con il ritrovamento di resti umani e oggetti che molto probabilmente portano a quella ragazza nella canonica della chiesa della Santissima Trinità, nel centro di Potenza. In attesa degli esami scientifici, una prima, decisiva conferma è arrivata nella serata di ieri dalla madre di Elisa Claps, Filomena, che ha riconosciuto alcuni oggetti della figlia fotografati sui resti del cadavere, non ancora rimossi: i brandelli di una maglia, una medaglietta e i sandali di colore blu che la figlia calzava quel 12 settembre.
Sono alcuni operai, impegnati in lavori di riparazione per un’infiltrazione di acqua, sul tetto dell’edificio della canonica della chiesa, attaccato al tempio e al campanile, a scoprire i resti umani e alcuni oggetti: la Polizia viene chiamata immediatamente.
La presenza degli agenti – cresciuta numericamente con il passare dei minuti – non passa inosservata: intorno alle 13 la chiesa viene chiusa, come ogni giorno. Fuori restano automobili della Polizia e agenti davanti alle due porte di accesso.
Mezz’ora dopo il procuratore della Repubblica esce dalla chiesa: “Non posso dire nulla”. Si capisce che qualcosa di importante è stato trovato: arrivano magistrati, personale della polizia scientifica, vigili del fuoco, più tardi anche un anatomopatologo dal Policlinico di Bari.
La voce che i resti siano quelli di Elisa Claps fa in un baleno il giro della città: del resto, la presenza stessa della polizia in via Pretoria – dove la gente arriva sempre più numerosa con il passare del pomeriggio – suscita interrogativi e lascia sgomenti.
Il corpo si trovava in un angolo in fondo al sottotetto, addossato ad un muro. Si tratta di un ampio locale in cui è molto difficile accedere: per raggiungerlo infatti bisogna prima salire sul terrazzo della chiesa, passando dalla sacrestia, e successivamente infilarsi in una sorta di cunicolo che porta al sottotetto. Il locale, racconta chi lo ha visto, è abbandonato da almeno una decina di anni ed è invaso dalla sporcizia.
Vicino al corpo, con brandelli di indumenti, alcuni oggetti – i sandali, una medaglietta, forse gli occhiali – che, riconosciuti dalla madre di Elisa, danno una prima tragica conferma. Quella definitiva arriverà nei prossimi giorni dagli esami scientifici.
Dunque Elisa Claps ritrovata morta, il suo cadavere quasi decomposto, nella chiesa dove era stata vista l’ultima volta da Danilo Restivo, il ragazzo che proprio nella Trinità raccontò di averla incontrata, quella mattina del 12 settembre 1993?
Un nome affiora alla mente di tutti, quello di don Domenico Sabia, parroco della Trinità dal 1963, morto il 10 marzo di un anno fa all’età di 84 anni: un sacerdote conosciuto da tutti in città, che ottenne la ribalta nazionale il giorno di ferragosto di alcuni anni fa, quando in un’omelia criticò la scelta di alcune ragazze di lasciare scoperto l’ombelico. Il sacerdote è morto portando con sé qualche segreto? E’ una domanda alla quale gli investigatori dovranno rispondere.
Il fratello di Elisa, Gildo, giunto in chiesa nel pomeriggio, ne esce sconvolto, ma senza la certezza che una famiglia distrutta dal dolore – e che però non si è mai stancata di cercare la verità – vorrebbe avere.
E’ l’imbrunire quando l’anatomopatologo lascia la canonica: “saranno fatti ulteriori accertamenti”, si limita a dire. Poco dopo esce anche il questore di Potenza, Romolo Panico: sottolinea che l’identificazione ancora non può essere certa, ma la sensazione che la svolta nella vicenda sia arrivata si diffonde rapidamente. “Ci vorrà l’ufficialità degli esami”, ripete Panico che, alla domanda su come sia stato possibile che un cadavere sia rimasto per tanto tempo in quel posto senza che nessuno si accorgesse di nulla, si limita a dire: “Preferisco non rispondere”. Poco dopo, alcuni ragazzi arrivano davanti alla chiesa, in piena via Pretoria, con uno striscione che ha una scritta semplicissima: “Verità e giustizia”. E’ quasi notte quando dalla mamma di Elisa, attraverso la visione degli oggetti, arriva la prima tragica: quei resti sono proprio della figlia, che lei, nel dolore, per 17 lunghissimi anni, non aveva mai smesso di cercare.

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