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Italia-Svizzera: liste nere, CF risponde a Merlini

(Keystone-ATS) La Confederazione non intende notificare all’Italia una violazione da parte di Roma della Convenzione di doppia imposizione per aver inserito la Svizzera nelle sue liste nere, ma ricorrere al dialogo per risolvere tale questione.

È quanto indica il Consiglio federale nella sua risposta ad un’interpellanza di Giovanni Merlini (PLR/TI), sottolineando che il problema sollevato dal consigliere nazionale è giuridicamente controverso e quindi va risolto politicamente. Misure di ritorsione, come il blocco dei ristorni, non si giustificherebbero.

Nel suo intervento, Merlini sostiene che la qualifica di “paradiso fiscale” appiccicata dall’Italia alla Svizzera nel 1998, e la successiva adozione delle liste nere, violi la convenzione con l’Italia del 1976 per evitare la doppia imposizione del reddito e della sostanza (CDI), dal momento che quest’ultima non prevede lo scambio di informazioni, comprese quelle bancarie.

Per il consigliere nazionale PLR, questa situazione arreca pregiudizio alle ditte con sede in Svizzera collegate a società italiane: se l’azienda “elvetica” consegue utili non distribuiti come dividendi, “questi ultimi possono essere comunque tassati in Italia a certe condizioni, proprio perché la Svizzera figura iscritta nelle liste nere”.

A detta di Merlini, agendo in questo modo l’Italia avrebbe modificato unilateralmente la CDI del 1976. Come ritorsione, la Svizzera potrebbe ricorrere al blocco dei ristorni dei frontalieri, un provvedimento che tuttavia andrebbe adottato dopo aver notificato all’Italia la violazione unilaterale della CDI.

Nella sua risposta, il Consiglio federale sostiene che la clausola sulla scambio di informazioni contenuta nella CDI del 1976 non corrisponde più agli standard internazionali. Le liste nere tenute dall’Italia in materia di fiscalità diretta, scrive il governo, “considerano come criteri la mancanza di scambio effettivo di informazioni (standard internazionale) e/o un’aliquota d’imposta ordinaria sensibilmente più bassa”.

Secondo l’esecutivo non si può affermare con certezza che le disposizioni tributarie italiane che toccano le ditte svizzere, specie quelle godono di un privilegio fiscale cantonale, rappresentino una violazione della CDI. La questione è infatti controversa. Per questo, “il Consiglio federale ritiene (…) che una notifica formale all’Italia non permetterebbe di raggiungere l’obiettivo prefissato”.

Al posto di una notifica formale, il governo privilegia il dialogo mediante “un accordo sullo scambio di informazioni conforme allo standard internazionale e mediante le modifiche di legge previste nel quadro della Riforma III dell’imposizione delle imprese (…) in modo che le società svizzere che beneficiano di privilegi fiscali cantonali vengano stralciate dalle liste nere italiane destinate all’applicazione delle disposizioni per prevenire gli abusi.

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