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La Svizzera al vaglio degli esperti ONU contro la tortura

(Keystone-ATS) A Ginevra, davanti a dieci esperti del comitato ONU contro la tortura, la Svizzera da oggi viene passata al vaglio: al centro delle questioni il rimpatrio di immigrati, il sovraffollamento e la qualità delle cure nelle carceri, ma anche il trattamento dei minori.

Diversi esperti hanno messo in luce l’impegno della Svizzera nell’ambito dei diritti umani e l’applicazione della Convenzione dell’ONU contro la tortura. Il rapporto presentato dalla delegazione elvetica, guidata dal vicedirettore dell’ufficio federale della giustizia Bernardo Stadelmann, è stato definito “un modello” per altri Paesi.

Ma gli esperti si sono anche fatti portavoce delle raccomandazioni di varie Organizzazioni non governative (ONG). Quale prima obiezione, nel Codice penale la Svizzera deve definire la tortura con il proprio nome, in modo esplicito, ha sottolineato il presidente del comitato. Inoltre ci si chiede se il diritto elvetico prevarrà su quello internazionale e se quindi l’applicazione della Convenzione contro la tortura verrà minimizzata.

Per quanto riguarda i respingimenti alle frontiere e i rimpatri di rifugiati, è stato criticato il metodo, in particolare nei riguardi di cittadini dello Sri Lanka e della Somalia. In certi casi sono emerse carenze, soprattutto sulla garanzia che l’individuo, una volta rimpatriato nel suo Paese d’origine, non venga torturato. “Sembrerebbe che la Svizzera metta la propria sicurezza al di sopra della dignità umana”, ha dichiarato uno degli esperti. Al contrario, l’attribuzione quasi automatica dell’asilo ai cittadini eritrei ha sollevato qualche interrogativo.

Preoccupano pure i casi di richiedenti asilo vittime di torture. Così come avevano già fatto diverse ONG, gli esperti si inquietano per la detenzione amministrativa e si appellano a un miglior inquadramento medico e giuridico.

Altri problemi non secondari: la sovrappopolazione carceraria e le condizioni deplorevoli che ne conseguono; la mancanza di statistiche nazionali sulle violenze dei poliziotti e sui metodi adoperati negli interrogatori. Il comitato ONU ha invece accolto con favore l’introduzione dell'”avvocato della prima ora”, ma i progressi in questo ambito differiscono fra i vari cantoni e permangono problemi rilevanti.

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