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La Svizzera non è al riparo dai flussi migratori

(Keystone-ATS) La crisi migratoria è stata una dei temi affrontai dai consiglieri federali al WEF di Davos. La Suisse, finora risparmiata, potrebbe subire le conseguenze di un peggioramento delle situazione in Europa o delle limitazioni del numero di rifugiati imposti da stati Ue.

Bisogna interrogarsi sulle capacità dell’Ue ad assorbire questo flusso, ha detto il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann. A suo avviso l’introduzione di una soglia massima è giustificabile se si fa in modo di risolvere il problema alla fonte. Un franco investito in Siria, Giordania o Libano è decisamente più efficace di un franco investito in Svizzera. È necessario però un coordinamento a livello internazionale, ha aggiunto.

Denunciare Schengen/Dublino non è un’alternativa, secondo il ministro delle finanze Ueli Maurer. Questo avrebbe gravi ripercussioni in materia di asilo. I trasferimenti in stati dell’Ue sarebbe infatti possibili solo in base ad accordi bilaterali di riammissione. Per l’ex ministro della difesa, se la situazione rimane al livello attuale, non sarà necessario adottare misure supplementari.

Se la situazione dovesse peggiorare o se le persone con falsi documenti dovessero aumentare, l’esercito potrebbe dare man forte alle guardie di frontiera, ha aggiunto l’ex ministro della difesa. Per il momento le persone in situazione irregolare sono poco più di 1’000.

Della stessa opinione anche l’attuale capo del Dipartimento delle difesa, Guy Parmelin. L’Austria potrebbe limitare il numero di rifugiati a 37’500, contro 90’000 nel 2015. Questo potrebbe avere ripercussioni sulla Svizzera, perché i profughi potrebbero indirizzarsi verso la Confederazione. In questo caso l’invio di truppe alle frontiere sarebbe una possibilità, ha aggiunto.

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