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La Turchia bombarda l’Isis in Siria e apre basi a Usa

(Keystone-ATS) La Turchia ha rotto gli indugi e dopo mesi di riserve si è unita alla campagna aerea della Coalizione internazionale anti-Stato islamico (Isis) guidata dagli Usa, bombardando stamani postazioni jihadiste in Siria.

Nelle stesse ore la polizia turca ha condotto una vasta operazione “antiterrorismo” a Istanbul e in 12 altre regioni del Paese, fermando circa 300 persone sospettate di essere affiliate all’Isis e al Partito dei lavoratori curdi (Pkk) e al DHKP-C, un movimento di estrema sinistra considerato illegale dal governo.

Un’attivista del DHKP-C è stata uccisa dalla polizia a Istanbul, secondo l’agenzia turca Anadolu. Il premier Ahmet Davutoglu ha precisato che 37 dei 290 fermati sono stranieri, ma non ha precisato a quale nazionalità appartengano.

Negli ultimi sei mesi, le autorità turche avevano arrestato oltre 500 persone accusate di essere affiliate allo Stato islamico in Turchia. La tensione in Turchia era salita improvvisamente nei giorni scorsi dopo l’uccisione di 32 persone a Suruc, cittadina vicina al confine con la Siria, in un attentato suicida rivendicato dall’Isis.

Molte delle vittime erano curde e la loro morte aveva scatenato la rabbia di chi accusa Ankara di non fare abbastanza per evitare attacchi dei jihadisti. Fonti governative di Ankara hanno affermato che tre F-16, decollati dalla base di Diyarbakir, hanno colpito tre postazioni dell’Isis vicino alla frontiera senza violare lo spazio aereo siriano.

Il premier Davutoglu ha smentito che la Turchia abbia informato le autorità siriane prima di compiere i raid. Dallo scoppio delle violenze in Siria, scaturite poi in una guerra intestina con conseguenze regionali e internazionali, la Turchia ha sempre sostenuto le opposizioni armate al governo di Damasco.

Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), i raid turchi hanno colpito la zona di Hawar Nahr, vicino la frontiera. In particolare, afferma l’Ondus, sono stati presi di mira convogli dell’Isis, una loro base e un punto di raduno di miliziani. Oltre 30 jihadisti sono stati uccisi secondo l’agenzia turca Dogan, ma il dato non può essere verificato in maniera indipendente.

I bombardamenti odierni sono seguiti all’intenso e improvviso scambio di fuoco di artiglieria avvenuto ieri tra Isis e forze turche al confine. Negli scontri un soldato turco era rimasto ucciso. Davutoglu ha affermato che con i bombardamenti di oggi “ogni potenziale minaccia è stata rimossa” e che i raid sono stati accurati “al 100 per cento”.

Per Davutoglu “non si tratta di una singola operazione limitata a un giorno o a una specifica regione, ma di un processo. A ogni movimento in grado di minacciare la Turchia si risponderà con una rappresaglia il più dura possibile”, ha aggiunto.

Il ministero degli Esteri turco ha in tal senso confermato quanto in precedenza annunciato dal presidente Tayyep Erdogan, ovvero che gli aerei della Coalizione anti-Isis potranno usare la base di Incirlik per colpire postazioni jihadiste in Siria.

Caccia turchi parteciperanno in queste azioni, ha aggiunto il ministero. Per mesi Ankara aveva resistito alle pressioni di Washington di entrare direttamente a far parte delle operazioni aeree contro l’Isis, da settembre 2014 in corso in Siria. Davutoglu ha confermato che è stato raggiunto un accordo con gli Stati Uniti e dalla Casa Bianca si sono limitati ad affermare che Erdogan e il presidente Barack Obama hanno deciso di “rafforzare la cooperazione” contro l’Isis.

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