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Madrid ferma il Parlamento catalano sull’indipendenza

Il primo ministro Mariano Rajoy KEYSTONE/EPA EFE/ANGEL DIAZ sda-ats

(Keystone-ATS) Sono ore ancora convulse nella elettrica crisi catalana, oggi più che mai in bilico fra scontro finale e ipotesi di dialogo.

Gli appelli per una mediazione si moltiplicano, ma per ora il premier spagnolo Mariano Rajoy rimane intransigente. Esige prima, ha ribadito oggi, che il presidente catalano Carles Puigdemont rinunci alla Dichiarazione Unilaterale di Indipendenza (Dui) che potrebbe proporre al parlamento di Barcellona lunedì, minacciando altrimenti “mali maggiori”.

Sulla stessa linea, la Corte costituzionale di Madrid ha vietato la riunione del ‘Parlament’, prima ancora che fosse convocata formalmente, per il rischio che voti l’indipendenza. Probabilmente la riunione si farà comunque. Ma non è chiaro se si pronuncerà sulla secessione.

Dopo il durissimo discorso contro la Catalogna di re Felipe VI, crescono le pressioni su Rajoy perché intervenga contro Puigdemont. Una decisione potrebbe essere presa domani dal consiglio dei ministri. Oggi anche l’ex premier José Maria Aznar lo ha attaccato, invitandolo a convocare nuove elezioni “se non si sente capace” di usare tutte le armi della Costituzione contro la regione ribelle.

Nei suoi interventi di oggi il tono di Rajoy è parso tuttavia più pacato. Come più cauti sono sembrati anche Puigdemont e il suo vice Oriol Junqueras, che in due diverse interviste hanno dichiarato il loro “amore” per la Spagna.

Segnali forse che qualcosa potrebbe muoversi, grazie ai tanti tentativi di mediazione? C’è quello affidato al cardinale di Barcellona Juan José Omella e all’abate di Montserrat Josep Maria Soler, che Puigdemont spera possa coinvolgere il Vaticano. E quello del premier basco Inigo Urkullu.

A mediare pensano anche i sindaci di Madrid e Barcellona Manuela Carmena e Ada Colau, il leader socialista catalano Miquel Iceta, una piattaforma della società civile fra cui anche il Barcellona calcio. Colau oggi ha visto i consoli Ue a Barcellona e proposto un “tavolo a più livelli” sotto l’egida di Bruxelles perché i due governi si parlino dopo mesi di muro contro muro.

L’alternativa rischia di essere un definitivo avvitamento della situazione. Per impedire la dichiarazione di secessione Rajoy può invocare l’articolo 155 della Costituzione, prendere il controllo dell’autonomia catalana, destituire Puigdemont, assumere il comando della polizia catalana dei Mossos, sciogliere il Parlament e convocare elezioni anticipate.

Ma con il rischio di una rivolta generale dagli esiti imprevedibili. Domani il capo dei Mossos Josep Lluis Trapero e i presidenti delle due grandi organizzazioni della società civile catalana Anc e Omnium, Jordi Sanchez e Jordi Cuixat, saranno interrogati a Madrid, indagati per “sedizione”. Rischiano fino a 8 anni di carcere.

“Non mi stupirebbe nulla di ciò che può fare il governo spagnolo”, ha commentato oggi Puigdemont: “Anche il mio arresto è possibile, sarebbe una mossa selvaggia”.

Intanto nel timore di restare fuori dall’Ue se sarà proclamata l’indipendenza – come ha avvertito anche oggi Bruxelles – le grandi società catalane si ‘delocalizzano’. Oggi il Banco Sabadell, seconda banca catalana, ha spostato la sede sociale a Alicante per non uscire “nemmeno un secondo dall’Ue” e dalla Bce.

Mentre Caixa Bank potrebbe trasferirsi nelle Baleari. Tutti trattengono il fiato guardando al parlamento. Che sarà probabilmente convocato lo stesso lunedì con un ordine del giorno diverso per aggirare il veto della Corte di Madrid. Perché, ha tuonato la presidente Carme Forcadell, “non accetteremo che la censura entri nel nostro Parlamento”.

Infine in serata il ministro degli Esteri spagnolo ha escluso che Madrid intenda inviare l’esercito in Catalogna. “Questa è una ‘fake news’ diffusa dal governo catalano e dai suoi seguaci”, ha detto Alfonso Dastis dopo che il ministero della Difesa spagnolo ha disposto nei giorni scorsi l’invio di attrezzature e materiale logistico per dar manforte ai circa 10mila agenti di polizia e Guardia Civil che si trovano nella regione da giorni e che sono stati ‘sfrattati’ dagli alberghi catalani. I camion militari hanno portato letti a castello, docce, cucine da campo e altro materiale necessario per il soggiorno dei poliziotti nella regione, che si annuncia ancora lungo.

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