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Med-7: sì a consultazioni popolari sul futuro della Ue

Il presidente francese Emmanuel Macron (foto d'archivio) Keystone/EPA AP POOL/MARK SCHIEFELBEIN / POOL sda-ats

(Keystone-ATS) Sette paesi “fortemente europeisti” che non vogliono dividere ma unire perché “credono nel futuro dell’Europa” ma sanno anche che possono avere un peso specifico a Bruxelles per spingere i 27 ad accelerare un processo di riforma che ormai non è più rimandabile.

E che puntano anche, con iniziative come le consultazioni popolari in tutta Europa, a coinvolgere di più i cittadini per far loro capire che l’Ue non è solo burocrazia ma può concretamente cambiare il loro futuro.

I sette leader dei Paesi meridionali dell’Unione europea, guidati dal padrone di casa, il premier italiano Paolo Gentiloni, sottolineano con forza lo spirito europeista del loro incontro a Roma. E accolgono la proposta lanciata dal presidente francese Emmanuel Macron di andare ad ascoltare cosa ne pensano i cittadini dell’Europa che verrà. Consultazioni a tappeto, dunque, a partire dalla primavera, per raggiungere le province, le cittadine e dare il via ad un “dibattito democratico” che coinvolga tutti, ha spiegato Macron.

Un’idea accolta da tutti e inserita nel documento finale, per far capire ai cittadini, ha sottolineato il premier maltese Joseph Muscat, che l’Europa “può realmente cambiare la vita dei cittadini”. Una consultazione conoscitiva, che non avrà dunque il peso e i pericoli di un vero e proprio referendum, come quello sulla Brexit.

I leader italiano, francese, portoghese, maltese, spagnolo, greco e cipriota hanno trovato una piena convergenza su dossier cruciali per fare del 2018 “l’anno dell’attuazione” delle riforme, come lo ha definito la Commissione europea: l’emergenza immigrazione, con la riforma di Dublino, ormai non più procrastinabile e la condivisione da parte di tutti i paesi europei dell’emergenza. Ma anche l’Unione economica e monetaria con l’assoluta priorità, sottolineata nel documento finale, di procedere finalmente all’unione bancaria.

L’Europa, con la fine della crisi – per il premier greco Alexis Tsipras il 2018 è l’anno dell’uscita dall’emergenza, che si chiude “proprio dov’era iniziata, nel sud” – può tornare a parlare di sviluppo, crescita e investimenti sul futuro. Perché, ha aggiunto il premier greco, i Paesi meridionali “possono avere un ruolo decisivo nell’indurre cambiamenti audaci e radicali di cui il continente ha bisogno”.

E poi ancora la lotta al terrorismo che rappresenta “la maggiore preoccupazione dei cittadini europei”, secondo il premier spagnolo Mariano Rajoy. Per questo, ha spiegato l’inquilino della Moncloa, “l’appoggio a chi viene colpito dal terrore sarà una grande priorità”.

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