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Migranti: record arrivi via mare, UE cerca unità ma Orban attacca

(Keystone-ATS) Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), i migranti arrivati in Europa attraverso il Mediterraneo superano ormai i 430’000: 309’356 sono sbarcati in Grecia, 121’139 in Italia. I morti sono 2748.

E mentre in Ue si cerca l’intesa sul piano di ricollocamento d’emergenza per 120’000 profughi, da cui Gran Bretagna e Danimarca hanno deciso di restare fuori, il premier ungherese Viktor Orban guida il gruppo dei ‘falchi’ dell’Est e insiste: “chi entrerà illegalmente in Ungheria, dal 15 settembre, sarà arrestato”.

Per finire più in fretta la barriera al confine con la Serbia il leader magiaro impiega anche i detenuti e un filmato pubblicato su Internet testimonia il trattamento dei rifugiati chiusi in un recinto ai quali viene gettato del cibo, come fossero animali.

Tornando sul piano politico, il consiglio straordinario dei ministri dell’Interno di lunedì sarà il giorno della verità. Oltre all’OK al primo schema da 40’000 (16’000 dalla Grecia e 24’000 dall’Italia), ormai una pura formalità (anche se restano da trovare i Paesi che si faranno carico dei restanti ottomila su cui a luglio non si era trovata la quadra), si punterà ad un accordo politico sui principi generali del ricollocamento d’emergenza per altri 120’000 (15’600 dall’Italia; 50’400 dalla Grecia; 54’000 dall’Ungheria).

La Commissione Ue propone quote obbligatorie e una compensazione dello 0,002% del PIL per quei Paesi che non potranno partecipare. La clausola prevede l’esclusione per il massimo di un anno e giustificazioni oggettive, che saranno vagliate da Bruxelles, ma Berlino (l’unica a farlo in modo netto) ha detto no, intravedendovi una via per chiamarsi fuori.

Fonti della presidenza lussemburghese si dicono “fiduciose” di riuscire a centrare l’obiettivo della prima intesa lunedì. Poi sarà necessario molto lavoro tecnico, per stringere un accordo “completo” l’8 ottobre, quando i ministri dell’Interno dell’UE si riuniranno di nuovo. Una roadmap “realistica”, secondo fonti diplomatiche. Alla riunione degli ambasciatori (Coreper, Comitato dei rappresentanti permanenti dei 28) di giovedì la proposta “sarebbe già passata”, perché “numeri e Paesi per la maggioranza qualificata ci sono, e anche il principio è stato accettato”.

Anche il presidente del consiglio europeo Donald Tusk, pur dando la sua disponibilità a convocare un vertice straordinario dei leader in caso di necessità, si definisce “speranzoso”.

Per allargare la partecipazione al maggior numero di Paesi – anche l’Irlanda ha deciso di fare la sua parte – si giocherà sulle parole. Nel documento finale non si parlerà di quote obbligatorie, ma di “numeri e criteri vincolanti”. Il risultato sarà lo stesso, ma alcune cancellerie potranno dire ai propri elettori di non essersi inchinati al diktat dell’Ue.

Vera grande incognita della partita resta il gruppo di Visegrad: i ministri degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, slovacco Miroslav Lajcak, ceco Lubomir Zaoralek, e polacco Grzegorz Schetyna in una riunione con i colleghi del Lussemburgo Jean Asselborn e tedesco Frank-Walter Steinmeier hanno firmato un comunicato congiunto e ribadito il loro no alle quote. Ma se Varsavia – secondo più fonti – alla fine darà il suo placet, diversa è la situazione con gli altri tre Paesi.

L’obiettivo di Bruxelles sarebbe quello di evitare di arrivare ad una conta, ma dato che il numero per la maggioranza qualificata c’è, non è da escludere che si possa arrivare anche a questo. A guidare i ‘falchi’ è Budapest, che al Coreper di giovedì ha addirittura presentato formale richiesta di essere cancellata dai beneficiari dei ricollocamenti. Il negoziato comunque resta aperto e domenica ci sarà una nuova riunione dei rappresentanti diplomatici dei 28.

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