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MO: Egitto propone tregua, Israele apre ma Hamas rifiuta

(Keystone-ATS) Al settimo giorno di guerra il bilancio dei morti a Gaza sale a oltre 180 vittime (più del 2012) con 1100 feriti. E mentre su Israele continuano ad arrivare i razzi, Hamas rivendica di aver lanciato verso lo Stato Ebraico alcuni droni, di cui uno intercettato ed abbattuto su Ashdod. Ma se il conflitto non si ferma, si intravedono tuttavia primi, timidi segnali di un possibile cessate il fuoco. È stato l’Egitto a lanciare in serata la proposta di una tregua a partire da martedì mattina.

Iniziativa che, secondo Haaretz, sarebbe stata accolta con favore dal premier israeliano Benyamin Netanyahu, ma che Hamas “esclude” categoricamente “senza un accordo complessivo su Gaza”. Perché, ha detto il portavoce Fawzi Barhum, “in tempo di guerra non si fa un cessate il fuoco per poi negoziare”.

E il braccio armato del movimento islamista palestinese Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, hanno rifiutato oggi la proposta egiziana di cessate il fuoco, minacciando di “inasprire” ulteriormente il conflitto con Israele. “Se il contenuto di questa proposta è quel che sembra, si tratterebbe di una resa e noi la rigettiamo senza appello”, affermano le Brigate in un comunicato. “La nostra battaglia contro il nemico si intensificherà”, aggiungono.

La proposta Egiziana prevede la cessazione delle ostilità aeree, marittime o terrestri e la disponibilità ad accogliere, entro 48 ore dalla tregua, delegazioni di alto livello israeliane e palestinesi per aprire i negoziati.

Proposta alla quale Israele ha risposto convocando il gabinetto di sicurezza all’alba, per esaminarne le condizioni. E proprio al Cairo oggi arriva il segretario di Stato Usa John Kerry per discutere – osservano alcuni analisti – i punti di caduta di un eventuale cessate il fuoco.

Ieri sera una fonte militare israeliana aveva detto ad Haaretz che “ci sono segnali sempre più forti che Hamas sia pronto ad una tregua”. Anche se successivamente un responsabile di Hamas, pur confermato la mediazione in corso, aveva aggiunto che, al momento, non c’era alcun accordo su una tregua.

Oggi la comunità internazionale avrà nella regione due ministri degli Esteri della Ue: l’italiana Federica Mogherini e il tedesco Frank-Walter Steinmeier, che da Amman ha chiesto la fine dei razzi su Israele. In agenda incontri con la leadership israeliana e quella palestinese alle quali porteranno la volontà europea e del resto della diplomazia internazionale di fermare lo scontro.

Anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon ha ribadito l’appello a un cessate il fuoco. Ieri ha anche telefonato al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi per esaminare gli ultimi sviluppi nella striscia di Gaza.

I punti di una possibile intesa – anche se la distanza tra le parti permane – hanno come punto di partenza l’accordo per il cessate il fuoco raggiunto nel novembre del 2012 grazie alla mediazione egiziana. Secondo fonti informate del dossier, Israele chiederebbe da parte di Hamas la consegna delle riserve di razzi e lo smantellamento di tutti i tunnel tra la Striscia e Israele.

Quella della ‘smilitarizzazione’ di Gaza non a caso è stato uno dei punti ribadito dal Gabinetto di sicurezza israeliano nella riunione della notte, che ha confermato il prosieguo dei raid aerei sulla Striscia e il richiamo di altri riservisti. Il ministro della Difesa Moshé Yaalon ha detto chiaro e tondo che Israele “continuerà a colpire Hamas”.

Le richieste della fazione islamica indicano la liberazione dei 56 operativi di Hamas riarrestati da Israele in Cisgiordania dopo il rapimento dei tre ragazzi ebrei e liberati in cambio del rilascio di Gilad Shalit. Inoltre la riapertura del valico di Rafah tra la Striscia e l’Egitto e il denaro per pagare gli stipendi dei circa 40.000 impiegati di Hamas a Gaza.

Ma ci sarebbe anche una ragione prettamente militare avanzata dalla fonte ad Haaretz: l’intelligence israeliana ha stimato che circa il 50% dei siti di fabbricazione dei missili a Gaza (compresi quelli a lunga gittata) sono stati colpiti nei quasi 1500 raid aerei. Ad Hamas e agli altri gruppi resterebbe – secondo la stessa fonte – “solo il 55% dell’arsenale” dei razzi di prima che l’operazione cominciasse. Anche l’uso dei droni, inoltre, sarebbe “un segnale” della possibilità di Hamas di discutere.

Nella tenaglia diplomatica che sembra stringersi sempre più sul conflitto, la situazione continua a registrare uno scontro durissimo: la situazione a Gaza è segnata dai continui raid israeliani che costringono la gente a rinchiudersi nelle case, quelli che non le hanno lasciate. Secondo l’associazione umanitaria Oxfam ci sarebbero “395’000 civili in 18 località senza acqua e servizi igienico-sanitari”.

In Israele anche ieri sono stati lanciati, secondo l’esercito, 100 razzi (15 intercettati dall’Iron Dome) e colpi di mortaio verso le zone del sud del Paese e anche al centro. Due bambine sono state ferite nel Neghev, una in modo grave. Segnalati anche razzi sul Golan, ma si è poi appreso che sarebbero stati lanciati dalla Siria. Dal Libano inoltre è stato lanciato un altro razzo caduto nel nord di Israele, nei pressi della città di Nahariya.

L’attacco più grave è stato diretto verso la città turistica israeliana di Eilat (mar Rosso), dove sono esplosi tre razzi che hanno ferito tre persone, mentre altre 20 venti sono rimaste in stato di shock.

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