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Morto regista Ettore Scola

(Keystone-ATS) È morto ieri sera a Roma, al reparto di cardiochirurgia del Policlinico, il regista e sceneggiatore Ettore Scola. Aveva 84 anni ed era in coma da domenica sera.

Maestro del cinema italiano era noto per capolavori come ‘C’eravamo tanti amati’ (1974), ‘Una giornata particolare’ (1977) e ‘La famiglia’ (1987).

Gli anni ’70 coincidono con la massima creatività dell’autore che però firma le sue prime sceneggiature già nei primi anni ’50, conoscendo successi da ‘Un americano a Roma’ a ‘Accadde al commissariato’, da ‘Il conte Max’ a ‘Il mattatore’ o ‘La marcia su Roma’ che preannuncia il suo esordio dietro la macchina da presa: è il 1964, il film è ‘Se permettete parliamo di donne’. Un buon successo, una sicurezza del mestiere gli consentiranno di ripetersi (‘La congiuntura’ e ‘L’arcidiavolo’), ma è nel ’68 che, grazie alla garanzia di Sordi, firma il suo primo successo popolare con ‘Riusciranno i nostri eroi’.

I vizi degli italiani sono in mostra, l’approccio è diverso da quello dei Monicelli e Risi, una vena di malinconia e di solidarietà per i suoi ‘mostri’. Dopo ‘Io la conoscevo bene’ nel 1965, dal ’69 (‘Il commissario Pepe’ con Ugo Tognazzi è omaggio indiretto a Pietro Germi) Scola diventa un ‘autore’ a tutto tondo. Da regista ha sempre guardato con disincanto alla sua carriera, eppure film come ‘La più bella serata della mia vita’ da Durrenmatt, ‘I nuovi mostri’, ‘La terrazza’, ‘La famiglia’ scandiscono altrettanti capitoli del miglior cinema italiano in una fase storica (l’ultimo terzo del ‘900) che acuiva il declino italiano.

Di Scola va ricordata l’anima di più ampio respiro europeo, che passa per titoli come ‘Il mondo nuovo’ (1982), ‘Ballando ballando’ (1983), ‘Il viaggio di Capitan Fracassa’ (1990).

Che la politica sia stata sempre la sua passione è facile ricordarlo scorrendo la lista dei documentari che ha firmato: da ‘Viaggio nel Fiat Nam’ fino a ‘Un altro mondo è possibile’ e ‘Lettere dalla Palestina’ (opere collettive dei cineasti italiani del 2002), passando per il toccante ‘L’addio a Enrico Berlinguer’ del 1984.

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