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Muore l’ultimo fedelissimo di Hitler

(Keystone-ATS) L’ultimo fedelissimo di Hitler, il tuttofare Rochus Misch con accesso diretto al bunker dove il Fuehrer si suicidò il 30 aprile 1945 assieme ad Eva Braun, è morto ieri nella sua casa a Berlino dopo una lunga malattia. Aveva 96 anni e fu l’ultimo testimone degli ultimi giorni di Hitler prima della fine della guerra.

La notizia della morte di Misch, che aveva sempre parlato di Hitler come del ‘capo’, l’ha data il coautore della sua autobiografia Burkhard Nachtigal. Viveva dal 1938 in un piccola casa a sud di Berlino, “la famiglia era con lui quando è morto”, ha detto l’agente Michael Stehle.

Misch è stato per cinque anni al fianco di Hitler (1940-1945) ed era con lui le ultime ore prima del suicidio del Fuehrer. È stato guardia del corpo, segretario, centralinista e testimone degli ultimi attimi della vita del fondatore del nazismo.

Sui suoi ricordi accanto al Fuehrer, ha scritto nel libro ‘L’ultimo testimone’ del 2009 e in precedenza un altro, ‘Ero la guardia del corpo di Hitler’. La sua testimonianza è stata raccolta anche nel film dell’israeliana Yael Katz Ben Shalom, The last witness. Si è sempre considerato solo un soldato che aveva fatto il suo dovere in guerra. Il ‘capo’ non era un mostro né il suo opposto: “non era superuomo, era uno molto normale”.

Nelle tante testimonianze rilasciate, Misch racconta anche della passione di Hitler per le barzellette a sfondo sessuale e per la sua cagna Blondi. La vita nel bunker “era molto meno drammatica di quanto hanno raccontato storici e giornalisti”, la cosa “peggiore era il silenzio, tutti sussurravano e nessuno sapeva perché per questo sembrava il bunker della morte”.

Misch raccontò che nel bunker c’era l’atmosfera di un obitorio, il suicidio non era una sorpresa: “tutti aspettavamo lo sparo” del Fuehrer. In un’intervista anni fa all’agenzia di stampa francese Afp, Misch raccontò la scena vista dopo il suicidio di Hitler e Eva: lui, seduto in poltrona aveva la testa accasciata su un tavolo, e lei era stesa al suo fianco. “Li vidi proprio con i miei occhi”, disse Misch che all’epoca aveva 28 anni. Tutti nel bunker si aspettavano quella fine.

Quando l’Armata Rossa era a poche centinaia di metri dal bunker, Hitler si congedò dal personale e chiese di non essere disturbato. Quindi chiese al segretario Martin Bormann che il suo corpo fosse cremato per non fare la stessa fine di Mussolini.

Hilter e Eva sono entrati nel loro appartamento e hanno chiuso la porta. Dopo un po’, dopo che qualcuno aveva già dato l’allarme, Misch aprì la porta “e li vidi”. Lui rimase un paio di giorni ancora nel bunker fino a che Goebbles lo licenziò con queste parole: “abbiamo saputo vivere, sapremo anche morire”. Misch allora strappò tutte le spine dal centralino e il 2 maggio 1945 fuggì diretto verso la Friedrichstrasse.

Fu preso dai sovietici e detenuto nove anni in un campo di prigionia sovietico. Dopodiché ritornò nella sua casa a Berlino, dove viveva da prima della guerra e dove ora è morto.

Nato nel 1917, Misch ha sempre detto di non essere mai stato interessato di politica e non essere mai stato membro del partito Nsdap, ma che il giubilo alle Olimpiadi del ’36 da ragazzino lo impressionò. Allettato dall’idea di un buon lavoro entrò in una unità militare di formazione (Verfuegungstruppe) trasformata successivamente nelle SS. Il suo primo incontro con Hitler lo ricorda così: “eravamo a distanza di un metro: avevo freddo, avevo caldo, avevo tutto”, ma il dittatore lui l’ha visto sempre solo come un uomo.

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