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Nazionale vuole ridurre i ristorni all’Italia al 12,5%

(Keystone-ATS) Il ristorno delle imposte prelevate sui salari dei frontalieri italiani dovrebbe essere ridotto dal 38,8% al 12,5%. Il Consiglio Nazionale, contrariamente agli Stati, sostiene questa rivendicazione contenuta nell’iniziativa del canton Ticino. Ora il dossier ritorna al Consiglio degli Stati, che in settembre aveva deciso di non dare seguito a questo testo, preferendogli una versione “soft” preparata dalla sua Commissione degli Stati.

“L’Italia è ostile al libero scambio, ostile alla libera concorrenza, e negoziare coi guanti bianchi non porterà ad alcun risultato”, ha tuonato Fulvio Pelli (PLR/TI), relatore della commissione invitando a sostenere la rivendicazione del Ticino. “Il Canton Ticino la sa lunga in materia di rapporti con l’Italia. Dategli una volta retta, invece di mandare a Roma svizzero tedeschi che non sanno l’Italiano e trattano in inglese”.

L’iniziativa cantonale chiede di ridurre l’ammontare del ristorno dal 38,8% al 12,5%, ovvero al tasso previsto nell’accordo concluso con l’Austria. Nel caso in cui Berna si rifiutasse di ridurre i ristorni – prosegue il testo – toccherebbe alla Confederazione versare nelle casse cantonali la differenza.

La mozione della commissione degli Stati chiede semplicemente di rimediare all’assenza di reciprocità per quanto riguarda la tassazione degli Svizzeri che lavorano nella fascia di frontiera italiana e “valutare i recenti cambiamenti della realtà socioeconomica delle regioni di frontiera direttamente interessate dall’accordo del 1974 e ridefinire la natura del versamento compensativo adattandolo alle circostanze attuali” nell’ambito delle trattative su un nuovo accordo di doppia imposizione con l’Italia.

C’è una differenza importante fra questi due testi: “l’iniziativa contiene una rivendicazione politica forte, la mozione invece una rivendicazione contabile debole, direi molle”, ha detto Pelli. Oltre all’approccio contabile, è necessario fissare uno scopo più ambizioso, come la riduzione dei ristorni al 12,5% anche in ragione delle proporzioni che ha assunto il fenomeno del frontalierato in Ticino. Stando alle ultime cifre – ha ricordato Pelli – i frontalieri sono saliti a 54’000 in febbraio, 10 mila in più rispetto a nove mesi prima. Viste queste cifre “la reciprocità risulta importante per i giuristi dell’amministrazione federale, ma non per i comuni e la popolazione ticinese”.

Da 10 anni la Confederazione protesta con l’Italia per l’insufficiente applicazione degli accordi di libera circolazione da parte dell’amministrazione italiana e a causa dell’iscrizione della Svizzera sulla lista nera dei paradisi fiscali. “E al termine di tutti questi tentativi è chiara una cosa: l’Italia è un paese che non rispetta la libera circolazione, non rispetta la libertà delle imprese italiane ad avere una filiale in Svizzera e la libertà delle imprese svizzere ad essere attive in Italia”, ha concluso Pelli.

Per la presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf, le richieste ticinesi sono inapplicabili. Non si può adottare un tasso uguale a quello dell’Austria perché la situazione è diversa. “L’accordo con Vienna sul ristorno delle imposte alle fonte riguarda tutti gli austriaci, non solo quelli della fascia di frontiera come è invece il caso con l’Italia”, ha spiegato la ministra delle finanze. Inoltre non esistono le basi legali affinché la Confederazione paghi al Ticino la differenza, ha aggiunto, invitando a votare solo la mozione.

“Da 15 anni il Ticino è sotto assedio, l’applicazione degli accordi bilaterali ha avuto conseguenze negative gravi”, ha rincarato Ignazio Cassis (PLR). Il Consiglio federale dovrebbe inviare un chiaro messaggio alla popolazione ticinese, la mozione invece è molle: “Agli Italiani che leggono atti parlamentari di questo tipo viene da ridere”. “Fissare al 12,5% il ristorno delle imposte dei frontalieri, invece, rafforzerebbe la posizione del Consiglio federale nei negoziati con Roma”, ha aggiunto Fabio Regazzi.

Pierre Rusconi (UDC/TI) ha chiesto alla Consigliera federale quale fosse la posizione del governo in merito alla decisione del Ticino di bloccare parte dei ristorni dovuti all’Itala. “Accettiamo la scelta del cantone, ma puntiamo ad una soluzione globale che riguarda anche altri cantoni nell’ambito dell’accordo di doppia imposizione”, ha precisato Widmer-Schlumpf.

“L’attuale accordo sui frontalieri risale al 1974 ed è stato concluso per proteggere il segreto bancario elvetico: i costi però pesano praticamente solo sul Ticino”, ha fatto notare Lorenzo Quadri (Lega). “La Confederazione – si è chiesto – non dovrebbe ora indennizzare il Ticino che per 40 anni ha pagato anche per gli altri?”

“I Ticinesi inoltre hanno l’impressione che l’amministrazione federale ritenga marginali i negoziati con l’Italia e dia la priorità a quelli con la Germania”, ha aggiunto Marco Romano (PPD/TI)). E Roberta Pantani (Lega/TI) ha voluto assicurarsi che nelle discussioni con Roma si tratterà anche delle difficoltà che hanno le imprese svizzere a lavorare in Italia.

Gli argomenti dei deputati ticinesi devono aver convinto i colleghi perché alla fine la minoranza, che chiedeva di adottare solo la mozione e non l’iniziativa del Ticino, ha ritirato la sua proposta e il testo è stato trasmesso tacitamente.

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