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NE: 23enne ucciso a Boudry, incidente con pistola militare

(Keystone-ATS) Un giovane di 23 anni è morto nella notte fra sabato a domenica a Boudry, nei pressi di Neuchâtel, ucciso da un colpo partito da una pistola militare. Lo riferisce oggi la polizia, precisando che molto verosimilmente si è trattato di un incidente.

La vittima, accompagnata da una ragazza, si trovava a casa di un amico, dove i tre hanno manipolato delle repliche innocue di armi, del tipo ad aria compressa per il tiro “soft air”. Ad un certo punto, il padrone di casa ha mostrato una pistola militare con un colpo vero ed ha effettuato ripetutamente i movimenti di carica e scarica.

La ragazza ha poi preso l’arma d’ordinanza e tirato il grilletto, ignorando verosimilmente che fosse carica e che fosse una pistola vera. Il colpo ha colpito al petto il 23enne. La vittima, di origini italiane e domiciliato nella regione, è deceduta poco dopo. La polizia ha aperto un’inchiesta per chiarire le circostanze esatte del dramma.

Munizione militare?

Contattato dall’ats, il portavoce dell’esercito, Daniel Reist, ha indicato che per il momento non v’è alcuna prova che sia stata usata munizione militare. “Se anche così fosse, il proprietario avrebbe potuto rubarla o procurarsi le cartucce presso una società di tiro o nei negozi specializzati”, ha precisato.

È la seconda volta in pochi giorni che un’arma militare provoca la morte di una persona di una ventina d’anni. Lo scorso fine settimana, a Saint-Léonard (VS), un uomo di 23 anni aveva ucciso la sua compagna di 21 con il suo fucile d’assalto. L’uomo aveva già avuto problemi con la giustizia, ma la sua arma non gli era stata ritirata.

In seguito a questo tragico evento, l’esercito e i cantoni hanno deciso di cercare soluzioni per migliorare lo scambio di informazioni fra loro. Un apposito gruppo di lavoro è stato incaricato di proporre idee in questo senso: in particolare è necessario stabilire a partire da quanto i cantoni dovrebbero essere autorizzati a trasmettere all’esercito una segnalazione di pericolo.

Secondo Daniel Reist, si tratta di una decisione politica, poiché interessa direttamente la questione della protezione dei dati. L’esercito e le autorità cantonali non hanno la facoltà di decidere da soli sullo scambio di informazioni.

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