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Omicidio terapeuta: stampa, fuggitivo non assomigliava a sua foto

(Keystone-ATS) Emergono nuovi dettagli, peraltro tutti non confermati, in relazione all’arresto di Fabrice A, lo stupratore che il 12 settembre ha verosimilmente ucciso una socioterapeuta nei pressi a Ginevra.

Stando a “Le Matin” al momento della cattura a Kolbaskowo, in Polonia, da parte di agenti tedeschi l’uomo non ha opposto resistenza e ha egli stesso indicato di essere ricercato: non assomigliava peraltro affatto alla foto segnaletica che risale a più di cinque anni or sono. Da allora il detenuto è infatti ingrassato e ha cambiato il modello di occhiali.

Il franco-svizzero ha anche preparato la sua fuga. Sempre secondo il quotidiano, nella sua cella al centro di socioterapia di La Pâquerette è stato trovato un appunto dove figurava il tragitto Ginevra-Basilea-Dublino. Una falsa pista, si chiede “Le Matin”. Oppure Fabrice A. puntava effettivamente a raggiungere l’Irlanda, parse in cui si è era già rifugiato nel settembre 2001 dopo aver commesso il suo secondo stupro?”.

L’ultima volta in cui la terapeuta Adeline M. è stata vista viva è stato giovedì verso le 11.00 a Ginevra, dove ha accompagnato il suo assassino per acquistare la presunta arma del crimine, un coltello a lama estraibile. Alle 16.00 il cellulare della vittima è stato localizzato nella regione di Basilea: più o meno alla stessa ora la polizia ha lanciato l’allarme di scomparsa persona, tempi che qualcuno ha già criticato come troppo lunghi. L’uomo in fuga aveva 250 franchi nel portafogli.

“Le Matin” ha interrogato anche l’ex procuratore di Ginevra Daniel Zappelli che parla di una vicenda mostruosa, tanto più che sarebbe stato possibile evitarla. Nel 2003, in seguito all’evasione di un delinquente sessuale da La Pâquerette, Zappelli aveva vietato tutte le uscite di detenuti senza la presenza di un poliziotto. “Avevo anche proibito che i prigionieri avessero soldi in tasca e telefono”. Ma nel 2010 il Tribunale amministrativo di Ginevra aveva dichiarato illegale questa prassi in seguito a un ricorso presentato da un cittadino ceceno condannato per l’omicidio di un omosessuale.

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