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Parità salariale: le misure volontarie non bastano

(Keystone-ATS) Per realizzare la parità salariale tra uomini e donne non basta affidarsi a misure volontarie. A cinque anni dall’introduzione di un sistema facoltativo il bilancio è deludente: soltanto 51 aziende si sono date la pena di partecipare al progetto “Dialogo sulla parità salariale”. Lo rende noto oggi l’Ufficio federale della giustizia (UFG).

Il Consiglio federale è atteso alla prova dei fatti. Prossimamente dovrebbe presentare un progetto volto a concretizzare la non discriminazione fissata nella legge sulla parità dei sessi fin dal 1996. Gli ambienti padronali puntano i piedi temendo che vengano imposte loro misure coercitive.

Tuttavia, lo scarto salariale invece di diminuire va aumentando. Tra il 2010 e il 2012 è peggiorato di 0,5 punti, raggiungendo il 18,9%, pari a 677 franchi mensili. Una parte di questa disparità si spiega con questioni legate alla formazione o a livelli di responsabilità, ma il 9% è dovuto a pura discriminazione.

Gli organizzatori del “Dialogo” speravano che almeno un centinaio di aziende accettassero che il loro sistema salariale venisse posto sotto controllo, ma hanno dovuto accontentarsi della metà. Le misure facoltative per realizzare la parità non hanno raggiunto l’obiettivo, rileva l’UFG, secondo cui il dialogo ha comunque fatto aumentare l’apertura delle aziende a questa tematica: “la necessità di adottare misure appropriate non è contestata”.

Tre settimane fa il Consiglio degli Stati ha trasmesso un postulato in cui si chiede al Consiglio federale di attenersi alle misure volontarie. La ministra della giustizia Simonetta Sommaruga ha messo in guardia contro qualsiasi soluzioni che punti tutto sul volontario o tutto sul coercitivo.

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