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Pompeo celebra Trump da Gerusalemme, ira dem

Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo a Gerusalemme KEYSTONE/EPA/DEBBIE HILL / POOL sda-ats

(Keystone-ATS) Come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che invade ogni sera la convention repubblicana dalla Casa Bianca, anche Mike Pompeo rompe il protocollo.

Non solo diventa il primo segretario di Stato in carica ad intervenire alla kermesse del suo partito ma lo fa da Gerusalemme durante una missione in Medio Oriente per estendere ad altri Paesi arabi l’accordo di normalizzazione dei rapporti con Israele dopo quello con gli Emirati, in funzione anti-Iran.

Un discorso registrato in video, focalizzato sui successi del tycoon nel rendere l’America e il mondo più sicuri e sulla promozione dell’America first nella politica estera, tra la sconfitta dell’Isis, l’isolamento di Teheran, il contenimento di Pyongyang, il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e della sua sovranità sulle alture del Golan.

La mossa ha indignato il partito democratico e Joe Biden, che hanno accusato Pompeo di politicizzare la diplomazia americana a scopi elettorali e di violare a spese dei contribuenti lo Hatch Act, la legge che vieta ai funzionari pubblici di fare attività politica. Molti ricordano che i suoi due predecessori dem, John Kerry e Hillary Clinton, ma anche la repubblicana Condoleezza Rice quando ci fu la nomination di John McCain, erano in viaggio all’estero durante le convention e si guardarono bene dal comparire.

Una decisione “assolutamente vergognosa”, denuncia la campagna di Biden, contestando al segretario di Stato di servire “come galoppino per la rielezione del presidente in una missione diplomatica finanziata dai contribuenti” e usando “uno dei nostri partner più vicini come strumento politico in questo processo”. Una decisione che inoltre “mina l’attività dei diplomatici americani all’estero che ogni giorno lavorano orgogliosamente per rappresentare il nostro Paese, non un partito politico”.

Il presidente della commissione Affari esteri della Camera Eliot Engel ha inoltre messo in imbarazzo Pompeo divulgando un cable da lui mandato un mese fa a tutto il personale all’estero per ammonire che i diplomatici non devono partecipare in nessun modo alla campagna elettorale, come prevede lo Hatch Act. “Ancora una volta le regole non valgono per lui quando ostacolano i suoi interessi politici e Donald Trump”, lo ha attaccato.

Il dipartimento di Stato ha difeso Pompeo su tutti i punti, spiegando che l’intervento è “a titolo personale”, che l’Hatch Act è meno restrittivo per il segretario di Stato, che il discorso è stato vagliato da un team di legali per garantire che non superasse i limiti etici e che non c’è stato uso di risorse pubbliche.

Lo ‘speech’, in prima visione, è stato registrato lunedì a Gerusalemme all’inizio del tour mediorientale, che proseguirà in Bahrein e negli Emirati Arabi dopo la visita di oggi con “lo storico volo diretto” in Sudan, la prima di un segretario di Stato Usa dopo quella di Condoleeza Rice nel 2005. Ma da Khartoum arriva una doccia fredda: il premier sudanese Abdalla Hamdok ha detto a Pompeo che il governo di transizione “non ha il mandato per decidere sulla normalizzazione dei rapporti con Israele”, nonostante gli “sviluppi positivi” nella relazioni bilaterali.

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