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Processo iracheni, difesa chiede assoluzione accuse più gravi

(Keystone-ATS) Le accuse di terrorismo contro l’imputato principale sotto processo al Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona sono puramente virtuali e basate solamente su delle chat. È quanto ha sostenuto oggi l’avvocato difensore nel corso della sua arringa.

Per questo il difensore ha chiesto per il suo cliente l’assoluzione dai reati più gravi (ovvero la pianificazione di un attacco terroristico e il sostegno allo Stato islamico Isis), e una pena pecuniaria di 40 aliquote giornaliere da 30 franchi per incitazione all’entrata illegale. Inoltre, la condanna anticipata avvenuta sui media e la detenzione che si prolunga da 729 giorni sono motivi sufficienti per un risarcimento pari a circa 172’000 franchi.

In mattinata l’avvocato ha cercato di relativizzare il ruolo dell’asserito dirigente dell’Isis Abu Hajer – con cui il suo cliente aveva contatti – all’interno dell’organizzazione terroristica.

Il difensore ha affermato che non si può stabilire una posizione di comando solamente facendo riferimento a delle chat su Facebook. È addirittura ingenuo credere che un personaggio chiave dell’Isis sia iscritto al social network. Inoltre, l’account in questione – anche secondo il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) – è stato usato da più persone.

Per l’imputato principale e gli altri che hanno utilizzato la chat, e che hanno avuto contatti con Abu Hajer, non era quindi nemmeno possibile sapere con certezza con chi stessero comunicando, ha continuano il difensore.

L’avvocato ha poi messo in discussione quelle che secondo il MPC sono parole in codice utilizzate dai terroristi per comunicare, come “fidanzato”, “fratello” o “lavorare”. Secondo la difesa questi termini possono essere tranquillamente letti con il loro vero significato, e non come un linguaggio in codice.

Non voleva costruire una bomba

Il difensore ha sostenuto fra le altre cose che l’imputato non ha mai voluto costruire una bomba. Il MPC non ha mai trovato prove concrete o materiale che possa ricondurre alla fabbricazione di un ordigno. L’unica cosa che veniva programmata, era una campagna contro l’allora primo ministro iracheno Nuri al-Maliki.

Solo il fatto che l’imputato abbia comunicato tramite Facebook è la prova che non vi fosse niente di cospirativo. Il social network ha infatti i propri server negli Stati Uniti, ed è quindi l’ultimo posto che i terroristi utilizzerebbero per pianificare attentati.

L’avvocato si è anche soffermato sugli insulti che il suo cliente ha rivolto agli svizzeri (figli di cani, asini e infedeli). L’imputato ha già ammesso i fatti e si dice spiacente per l’accaduto. Il tutto sarebbe avvenuto a causa del cattivo umore provocato da un forte mal di schiena.

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