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Russia: Magnitski, processo kafkiano, prosciolto per morte

(Keystone-ATS) Dopo aver messo in piedi un inedito processo kafkiano per evasione fiscale contro un imputato morto, oggi la pubblica accusa ha chiesto dopo sei mesi di udienze l’unica cosa possibile: l’archiviazione per Serghiei Magnitski, il legale del fondo d’investimento britannico Hermitage Capital deceduto in cella nel 2009 in circostanze controverse dopo aver denunciato alcuni funzionari pubblici per una maxi truffa ai danni dello Stato.

Un caso che ha scatenato la peggior crisi diplomatica degli ultimi anni tra Russia e Usa, rispolverando toni da guerra fredda. Il pubblico ministero non ha però rinunciato a chiedere al tribunale che Magnitski sia riconosciuto comunque colpevole, opponendosi alla richiesta di riabilitazione avanzata in passato dalla famiglia.

Non potendo prendersela con un morto, l’accusa si è rifatta chiedendo una condanna pesantissima per il co-imputato William Browder, fondatore e presidente del fondo Hermitage, processato in contumacia per una presunta evasione di 12,1 milioni di euro: 9 anni di reclusione, la stessa pena inflitta nel primo processo all’allora patron di Yukos Mikhail Khodorkovski, peraltro accusato non solo di evasione ma anche di appropriazione indebita.

Anche Browder, come Khodorkovski, è diventato una delle ‘bestie nere’ di Putin: senza la sua instancabile battaglia internazionale, forse il Congresso Usa non avrebbe adottato la cosiddetta blacklist Magnitski, che blocca visti e beni in Usa ai funzionari russi ritenuti coinvolti a vario titolo nella morte di Magnitski. Una mossa da guerra fredda difficile da digerire per il Cremlino, che ha risposto con la ‘lista Guantanamo” e bloccando l’adozione di bambini russi in Usa. Browder sta continuando a fare ‘lobby’ in Europa, irritando Mosca, che ha tentato invano di inserirlo nell’elenco dei ricercati internazionali per usare l’Interpol.

Nel frattempo ha aperto un’altra inchiesta contro di lui, accusandolo di aver acquistato in maniera illegale azioni Gazprom in un periodo in cui gli stranieri non potevano detenere i titoli del gigante russo del gas. Per l’11 luglio è attesa la sentenza del processo odierno, che chiuderà il capitolo giudiziario di una vicenda diventata scandalo internazionale in materia di diritti umani e di giustizia politicizzata. Magnitski morì in cella a 37 anni dopo 11 mesi di detenzione preventiva e un arresto seguito alla sua denuncia di una truffa ai danni dello Stato per 130 milioni di euro da parte di alcuni funzionari pubblici. Secondo i suoi legali e la sua famiglia, il giovane avvocato fu privato delle cure mediche richieste, torturato e ucciso. Circostanze che Mosca ha sempre negato.

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