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Salah, i quattro mesi di fuga della ‘primula rossa’

(Keystone-ATS) C’è chi lo dava fuggito in Siria. E invece era nascosto a Bruxelles, nella capitale dell’Ue, a due passi da casa. A quattro mesi dagli attentati di Parigi, Salah Abdeslam, il terrorista più ricercato del continente, non è più un fantasma.

È stato fermato a Molenbeek, proprio dove cominciò la sua atroce impresa di morte insieme agli altri jihadisti membri del commando del 13 novembre.

Centotrenta giorni di latitanza da quella terribile notte parigina, quando il ventottenne francese residente in Belgio, dopo aver accompagnato i compari-kamikaze sui luoghi delle stragi, sicuramente allo Stade de France, sarebbe dovuto passare all’azione nel 18/o arrondissement. E però nel suo folle piano qualcosa va storto: Salah ha paura, non vuole morire, forse è sconvolto dal fratello Brahim che si è appena fatto esplodere al Comptoir Voltaire.

Lascia luna Clio nera ai piedi di Montmartre, poi con la metro attraversa Parigi fino a Montrouge. Alle 22 – mentre l’assalto al Bataclan è ancora in corso – chiama Hamza Attou, un amico di Bruxelles, per supplicarlo di aiutarlo a fuggire: “Vieni a prendermi, ti prego”. Attou, senza auto, chiede all’amico Mohamed Amri di partire insieme con la sua Golf. Passano la frontiera verso le tre di notte, all’alba recuperano Salah davanti al McDonald’s di Parigi-Chatillon, dove gli inquirenti ritroveranno una cintura esplosiva da kamikaze.

Nel viaggio di ritorno a Bruxelles la polizia li ferma per ben tre volte ma succede l’incredibile: il fuggitivo viene lasciato sempre libero di andare. In quel momento il nome di Salah non è ancora legato ai massacri. La videosorveglianza di una pompa di benzina ritrae il jihadista tranquillo, con il volto scoperto e le mani in tasca. Verso le dieci la Golf riprende il cammino. Verrà depositato nel comune di Laeken, vicino allo stadio di Re Baldovino, alle porte di Bruxelles. Si parla di un suo breve passaggio dal barbiere, Salah vuole tingersi ma non c’è tempo. Amry e Hattou verranno arrestati il giorno dopo a Molenbeek ma del ricercato numero uno non c’è più traccia.

Camuffato con occhiali e berretto, non teme solo la polizia ma una possibile ritorsione dell’Isis per la sua ‘diserzione’. Il 19 novembre viene avvistato un’altra volta nelle strade di Anderlecht, a bordo di una Citroen Xsara. A seguito dell’allarme, tutti i poliziotti in servizio ricevono l’ordine di restare operativi, ma niente, un altro buco nell’acqua. Un amico racconta di averlo visto pochi giorni prima dietro casa sua, a Molenbeek. “Era qui, ma non per molto”.

Il principale ricercato delle stragi di Parigi non vuole rimanere nel quartiere piantonato dagli agenti e dai media di tutto il mondo. Si parla di una Bmw in fuga verso la Germania. In tv esperti e commentatori lo danno in Siria. Qualcuno osserva che se davvero teme l’Isis più della polizia è piuttosto improbabile che sia andato a rifugiarsi proprio nei feudi del Califfato. Poi l’improvvisa accelerazione. A metà febbraio la stampa belga rivela che Salah è rimasto nascosto per venti giorni, dal 14 novembre al 4 dicembre, a Schaerbeek, nell’appartamento al terzo piano di rue Henri Bergé, in cui il 9 dicembre sono poi state trovate cinture, tracce di esplosivo e del suo dna.

Il terrorista avrebbe preso la fuga precipitosamente quando il 4 dicembre le forze dell’ordine si misero alla ricerca nella stessa zona di un trafficante di armi. Martedì il sopralluogo degli agenti nell’appartamento di Forest, il fuoco dei kalashnikov, la probabile fuga dai tetti, fino all’epilogo finale questo pomeriggio a Molenbeek, dove tutto è cominciato. E il sospetto che la ‘Primula rossa’ non si sia più mossa da Bruxelles.

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