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Salari minimi: il popolo svizzero dice chiaramente “no”

(Keystone-ATS) Chiaro “no” da parte dell’elettore svizzero all’introduzione di salari minimi su scala nazionale: la proposta della sinistra e dei sindacati di fissare le retribuzioni ad almeno 4 mila franchi mensili è stata sonoramente bocciata nella proporzione del 76,3%. Nessun cantone si è espresso a favore. In Ticino i voti contrari sono stati pari al 68,0%, nei Grigioni all’81,8%.

A scrutinio ultimato l’iniziativa “per la protezione di salari equi” ha ottenuto 687’743 voti favorevoli e 2’209’249 contrari. L’affluenza alle urne si è attestata al 55,5%.

Il rifiuto ha raggiunto punte dell’86,1% a Obvaldo, dell’86,4% a Svitto, dell’87,2% a Nidvaldo e dell’87,9% ad Appenzello Interno. Dieci altri cantoni hanno espresso voto contrario con percentuali comprese tra l’80 e l’84%. Un po’ meno severi con i promotori dell’iniziativa sono risultati Basilea Città (62.5% di no), Giura (64.1%), Ginevra (66.1%) e Neuchâtel (68.1%). Tra i grandi Cantoni Zurigo ha respinto il testo nella proporzione del 74.6% e Berna del 76.2%.

Il Vallese, contrario all’iniziativa federale con l’81,9%, ha detto “no” anche a un’analoga iniziativa per salari minimi a 3’500 franchi sul piano cantonale (con l’80,7% dei voti)

Il risultato nazionale odierno è peggiore di quello fatto segnare il 24 novembre scorso dall’iniziativa “1 a 12” dei giovani socialisti volta a fissare un tetto massimo alle retribuzioni più alte: in quell’occasione la proposta venne bocciata nella misure del 65.3%. Il dato si inserisce inoltre in un solco che ha visto in passato fallire altre iniziative indirettamente legate ai salari, quali quella sull’aumento delle vacanze a 6 settimane, respinta nel 2012 con il 66.5%.

Stando ai principali commentatori i votanti hanno voluto manifestare oggi la loro insofferenza nei confronti di qualsiasi dirigismo: niente diktat statali, quindi, nel mondo del lavoro. Ha poi fatto presa l’argomentazione secondo cui l’introduzione di salari minimi avrebbe rischiato di provocare la cancellazione di una moltitudine di impieghi, in particolare nei settori a basso valore aggiunto.

Per l’Unione sindacale svizzera (USS) il voto rappresenta una chiara sconfitta: si tratta di un cattivo risultato, ha detto il presidente Paul Rechsteiner. Ma non ci arrendiamo e cercheremo di raggiungere l’obiettivo percorrendo altre strade, gli ha fatto eco Daniel Lampart. Il capo economista dell’USS ha aggiunto che l’iniziativa, anche se bocciata, ha avuto un grande merito: prima del voto decine di migliaia di lavoratori hanno infatti ottenuto salari più alti.

Secondo Heinz Karrer, presidente di Economiesuisse, il “no” scaturito dalle urne è invece un “no” agli interventi statali. I salari minimi, ha affermato, vanno concordati attraverso i contratti collettivi, tra aziende e lavoratori, settore per settore e tenendo conto delle realtà regionali.

Soddisfazione anche da parte del direttore dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam) Hans-Ulrich Bigler, stando al quale il popolo sovrano ha espresso un voto di fiducia, a dimostrazione che il sistema attuale di contrattazione salariale funziona. Per i sindacati “è stata una Waterloo”.

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