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Scarti salariali aumentano ancora in imprese svizzere, Unia

Il maggior divario nella rimunerazione si registra presso il gruppo farmaceutico Roche. Il salario del suo direttore generale, Severin Schwan, è di oltre 15 milioni di franchi, 308 volte la paga più bassa della società in Svizzera. KEYSTONE/GEORGIOS KEFALAS sda-ats

(Keystone-ATS) Lo scarto, enorme, fra i salari più alti e quelli più bassi nelle grandi aziende continua ad ampliarsi.

Lo denuncia il sindacato Unia, secondo cui inoltre le multinazionali stanno esacerbando la crisi economica del coronavirus pagando dividendi ai loro azionisti e, simultaneamente, ricevendo dallo Stato indennità per il lavoro ridotto.

Il rapporto tra i salari più bassi e più alti nelle aziende era di 1 a 148 nel 2019, contro 1 a 142 l’anno precedente, secondo lo studio del sindacato sugli scarti salariali pubblicato oggi. La ricerca riguarda 37 gruppi svizzeri, 33 dei quali sono quotati in borsa.

L’aumento del divario è dovuto principalmente alle maggiori retribuzioni dei dirigenti di Roche, Novartis e Richemont rispetto all’anno precedente.

Roche presenta il divario maggiore

Il maggior divario nella rimunerazione si registra presso il gruppo farmaceutico Roche. Il salario del suo direttore generale (Ceo), Severin Schwan, è di oltre 15 milioni di franchi, 308 volte la paga più bassa della società in Svizzera.

Al secondo posto segue UBS, con il Ceo Sergio Ermotti che ha guadagnato 241 volte più dell’impiegato della banca con lo stipendio più basso. Credit Suisse, nei primi tre posti negli ultimi anni, ha visto il suo scarto retributivo ridursi da 1 a 243 a 1 a 206 a favore del Ceo (che nel frattempo ha lasciato la direzione) Tidjane Thiam, in seguito allo scandalo dei pedinamenti del top manager Iqbal Khan. Quest’anno sul terzo gradino del podio c’è Nestlé, con un rapporto da 1 a 230 a favore del direttore Mark Schneider.

L’azienda in cui la forbice si è allargata di più è il gruppo del lusso Richemont, diretto da Jérôme Lambert: si è passati da un rapporto di 1:121 a 1:193.

All’altro capo della scala salariale, ci sono molti lavoratori a basso reddito, ad esempio nella vendita. Se questi dipendenti, a causa della pandemia Covid-19, lavorano a tempo ridotto e ricevono solo l’80% del loro stipendio abituale, spesso faticano ad arrivare alla fine del mese, sottolinea Unia.

Dividendi e sostegno statale

Lo studio del sindacato di quest’anno si concentra sul legame tra le politiche aziendali per massimizzare il valore delle azioni a breve termine e le conseguenze della crisi del coronavirus per le aziende e i loro dipendenti.

Stando al sindacato, le multinazionali svizzere stanno aggravando la crisi economica causata dalla pandemia: le grandi società quotate stanno “sacrificando il valore creato dai loro dipendenti a vantaggio di manager e azionisti”. Questo mentre “negoziano con calma con lo Stato” e ricevono indennità per il lavoro ridotto.

Le enormi somme di denaro così “sprecate” scompaiono nei mercati finanziari e vengono così ritirate dall’economia reale. In altre parole, i manager, i consigli di amministrazione e gli azionisti stanno rafforzando gli effetti della crisi attraverso il loro comportamento “egoistico” e sono i principali motori di una sempre maggiore disuguaglianza sociale.

Ad esempio, sette delle aziende considerate ricevono sussidi per la disoccupazione parziale dallo Stato, ma durante la crisi della pandemia hanno distribuito dividendi per quasi quattro miliardi di franchi agli azionisti. Cinque di loro hanno addirittura aumentato la distribuzione dei dividendi rispetto all’anno precedente. Inoltre, il gruppo di tecnologia medica Straumann ha annunciato un licenziamento collettivo.

Dividendi in aumento

La Confederazione garantisce 60 miliardi di franchi di sostegno statale alle imprese durante la crisi per salvare posti di lavoro e continuare a pagare gli stipendi, e non per pagare i dividendi ai proprietari delle aziende, sottolinea l’Unia.

Inoltre nel 2019 i versamenti agli azionisti (dividendi e riacquisto di azioni) sono aumentati. Hanno raggiunto un totale di 63 miliardi di franchi. Sul valore aggiunto complessivo generato nei 37 gruppi, “solo” il 67% è andato agli 1,6 milioni di dipendenti e il 33% è finito nelle tasche degli azionisti.

EMS Chemie: un caso estremo

Il caso più estremo è quello del gruppo EMS Chemie, guidato dalla consigliera nazionale Magdalena Martullo-Blocher (UDC/GR). Gli azionisti ricevono il 66% del valore aggiunto totale e i circa 2800 dipendenti il 34%. Alle tre figlie dell’ex consigliere federale Christoph Blocher, che detengono il 70% delle azioni, sono andati 326 milioni di franchi in dividendi nel 2019. Si tratta di 87 milioni in più rispetto all’insieme dei costi per il personale.

Inoltre, le aziende continuano ad eludere il divieto legale di pagamento delle indennità di partenza, secondo quanto stabilisce il diritto federale in applicazione dell’iniziativa contro le remunerazioni abusive, accolta con quasi il 70% di sì e da tutti i Cantoni nel marzo del 2013. Unia cita l’esempio dell’ex Ceo di ABB Ulrich Spiesshofer, che entro l’aprile 2021 avrà intascato 13 milioni di franchi, anche se non dirige più l’azienda dall’aprile 2019.

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