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Schmolz+Bickenbach, politica in soccorso dopo il “nein” di Berna

Il presidente del consiglio di amministrazione è Jens Alder (ex Ceo Swisscom). KEYSTONE/ALEXANDRA WEY sda-ats

(Keystone-ATS) La politica scende in campo per salvare Schmolz+Bickenbach (S+B), gruppo siderurgico lucernese in gravi difficoltà. C’è chi è pronto a iniettare oltre 300 milioni, ma chiede di beneficiare di un’eccezione alle normali regole borsistiche.

Da Berna è giunto un “nein” che nella Svizzera centrale viene ritenuto del tutto incomprensibile e provoca irritazione.

La società con sede a Lucerna e attiva a livello mondiale (10’000 impieghi, di cui 800 in Svizzera) sta lottando per la sua sopravvivenza: le difficoltà riscontrate nell’industria automobilistica hanno inciso pesantemente sugli ordinativi e la situazione finanziaria è rapidamente peggiorata.

“Nel terzo trimestre le attività sono crollate su vasta scala”, aveva affermato due settimane or sono il presidente della direzione Clemens Iller. Nei mesi di luglio, agosto e settembre l’impresa ha subito una perdita di 420 milioni di euro (circa 462 milioni di franchi), a fronte di un fatturato di 670 milioni.

Per evitare il tracollo il grande azionista Martin Haefner vuole versare nel gruppo – quotato a Zurigo – 325 milioni di franchi, facendo in tal modo lievitare la sua quota al 37,5%. Salendo oltre un terzo il finanziere sarebbe però tenuto a presentare un’offerta pubblica (opa) di acquisto: ha chiesto di essere esonerato, una deroga che è prevista come eccezione dalle normative vigenti.

La Commissione delle opa (COPA) ritiene però che sussistano anche altre possibili misure di risanamento, senza superare il limite oltre il quale scatta l’obbligo di presentare un’offerta agli altri azionisti: un’eccezione quindi non si impone. L’azienda ha presentato ricorso contro questa decisione: spetterà quindi ora all’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) decidere sulla questione. Preoccupato per la situazione, il consiglio di stato lucernese ha scritto sia alla Finma, sia al capo del Dipartimento federale dell’economia Guy Parmelin. L’intervento del governo cantonale trova oggi il fuoco di appoggio di sette politici lucernesi a Berna, che in una lettera aperta parlano di una “decisione incomprensibile e al di là di qualunque logica industriale”.

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