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Secessione Catalogna, Barcellona e Madrid a resa conti

(Keystone-ATS) Dopo mesi di schermaglie lunedì inizia la prima vera battaglia della ‘guerra d’indipendenza’ lanciata contro Madrid dai secessionisti catalani guidati dal ‘president’ uscente Artur Mas.

Il nuovo parlamento di Barcellona eletto alle regionali del 27 settembre vinte dagli indipendentisti – con il 48% e la maggioranza assoluta in seggi – dichiarerà in una mozione l’inizio del processo verso la costituzione di una “repubblica catalana” indipendente.

Mas ha promesso di portare la Catalogna fuori dalla Spagna nel 2017, nonostante il muro contro muro con il premier di Madrid Mariano Rajoy e dei partiti ‘spagnolisti’ Pp, Psoe e Ciudadanos. La mozione dalle due liste indipendentiste – Junts pel Si di Mas e i radicali della Cup (insieme 72 deputati su 135) – prevede anche che entro 30 giorni si inizi la preparazione di leggi ‘costituenti’ del nuovo ‘stato catalano’.

Insomma, una dichiarazione di guerra a Madrid. Rajoy ha già preparato la controffensiva. Il governo terrà una riunione straordinaria martedì. Presenterà cosi immediatamente un ricorso alla Corte Costituzionale. E già mercoledì la Consulta, presieduta da Francisco Perez de los Cobos, vicino al Partido Popular, dovrebbe ammetterlo e sospendere in forma cautelare la decisione del parlamento catalano.

Queste le mosse previste, e prevedibili, nella battaglia dell’indipendenza. Da mercoledì lo scenario si fa invece più difficile da decifrare. Il campo secessionista parla di ‘disobbedienzà. La costituzione spagnola adottata durante la transizione fra dittatura franchista e democrazia – e influenzata dal nazionalismo centralista imposto al paese dal Caudillo – non prevede la secessione e sancisce l’intangibilità territoriale dello stato.

Rajoy si è detto pronto a fare ricorso all’articolo 155 della costituzione che consente il commissariamento di una regione, esautorando Mas. Una ipotesi però di non facile attuazione, che rischierebbe di infiammare il nazionalismo catalano, già esasperato dai ripetuti pronunciamenti negativi della corte costituzionale. Certo nessuno immagina i carri armati spagnoli presidiare Barcellona.

“Non manderemo la Guardia Civil a sfilare sulla Diagonal di Barcellona”, promette il ministro della difesa Pedro Morenes. La situazione è resa ancora più complessa però, e potenzialmente incandescente, dalle elezioni politiche spagnole del 20 dicembre. La crisi catalana – “la sfida più grande alla Spagna da decenni”, dice Rajoy – domina la campagna. Il premier di Madrid conta sul rifiuto delle spinte secessioniste di Mas nella Spagna profonda, fortemente anti-catalanista, per ridare ossigeno al Partido Popular.

L’ultimo sondaggio Cis da il Pp in ripresa al 29% davanti al Psoe al 25%, Ciudananos al 15% e Podmeos al 10%. Il prossimo governo con ogni probabilità sarà una coalizione. Podemos ha annunciato che se andrà al potere si farà un referendum sull’indipendenza della Catalogna, che Rajoy ha sempre rifiutato. Una soluzione ‘alla scozzese’, che potrebbe forse fermare l’attuale pericolosa spirale delle tensioni.

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