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Siria: 5 milioni fuggiti all’estero. Stallo negoziati

Un paese distrutto dalla guerra KEYSTONE/EPA/STRINGER sda-ats

(Keystone-ATS) Ha superato la soglia dei 5 milioni il numero dei siriani in fuga dal loro Paese, sconvolto da un conflitto civile che dura dal 2011.

E ai numeri che già fotografano la drammaticità dell’esodo si è aggiunta oggi la tragedia di uno di questi migranti: in un campo di accoglienza in Grecia si è dato fuoco un siriano di 29 anni che ora è ricoverato in gravissime condizioni con l’88 per cento del corpo coperto da ustioni.

Un nuovo round di negoziati sotto l’egida dell’Onu a Ginevra su come trovare una soluzione in Siria non è approdato ancora ad alcun risultato e il cessate il fuoco in vigore dal 30 dicembre continua ad essere violato in diverse regioni.

Nel vicino Iraq, intanto, è arrivato oggi il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, mentre continuano le polemiche sulle decine, e forse centinaia, di civili che sarebbero morti sotto i bombardamenti della Coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa su Mosul, in appoggio ad un’offensiva governativa per strappare la città allo Stato islamico.

“La protezione dei civili deve essere la priorità assoluta”, ha affermato Guterres, ribadendo comunque il totale appoggio delle Nazioni Unite alla guerra di Baghdad contro l’Isis e l’aiuto per portare soccorso alle popolazioni civili bisognose di assistenza.

In particolare i circa 3 milioni di sfollati a causa dei combattimenti, dei quali 350.000 sono fuggiti da Mosul dall’inizio dell’offensiva, nell’ottobre scorso. Da parte sua, il premier Haidar al Abadi ha assicurato che le forze armate irachene stanno facendo “tutto il possibile” per evitare vittime civili, ma ha accusato i jihadisti dello Stato islamico di esporli di proposito al rischio di essere colpiti.

Per quanto riguarda la guerra in Siria, l’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, ha detto che al 23 marzo scorso i profughi all’estero hanno raggiunto il numero di 5.018.168. Di questi, circa 2,9 milioni sono giunti in Turchia, oltre un milione in Libano, circa 657.000 in Giordania, più di 233.000 in Iraq e circa 120.000 in Egitto.

Grandi parlava ad un anno da una conferenza internazionale tenuta il 30 marzo del 2016, che intendeva promuovere il reinsediamento in altri Paesi del 10% di tutti i rifugiati siriani entro il 2018, per un totale di 500mila. Ma ad oggi solo 250.000 posti sono stati resi disponibili.

A Ginevra l’inviato speciale dell’Onu, Staffan de Mistura, continua ad incontrare separatamente la delegazione governativa e le opposizioni, ma senza che si intravveda alcuno spiraglio per una soluzione politica al conflitto in questa quinta tornata di trattative indirette, cominciata la settimana scorsa.

Sul terreno continuano invece gli scontri in diverse regioni tra governativi da un lato e, dall’altro, gruppi ribelli e qaedisti di Fatah al Sham (l’ex Fronte al Nusra). In particolare, una controffensiva lealista è stata lanciata nelle ultime ore nella provincia di Hama e bombardamenti aerei sono segnalati dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) anche nella confinante provincia di Idlib.

Le milizie curde continuano intanto la loro offensiva nella provincia di Raqqa contro l’Isis. La Turchia ha annunciato oggi di avere messo fine alla sua offensiva ‘Scudo dell’Eufrate’ cominciata nell’agosto scorso sia contro l’Isis sia contro gli stessi curdi, sostenuti dagli Usa.

Della questione il presidente Recep Tayyip Erdogan ha parlato oggi ad Ankara con il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, al quale ha chiesto la fine della collaborazione tra Washington e i curdi siriani del Partito dell’unità democratica (Pyd), considerati “terroristi” dalla Turchia. “La Turchia è un partner chiave per la lotta all’Isis, dentro e fuori i confini della Siria”, ha risposto Tillerson, ma “ci sono scelte difficili da fare”.

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