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Siria: dietro svolta Obama amministrazione divisa

(Keystone-ATS) L’America è pronta ad “aumentare il tipo e l’entità del sostegno militare” ai ribelli. La frase pronunciata da Ben Rohdes, uno dei consiglieri alla sicurezza della Casa Bianca, segna una svolta nell’atteggiamento Usa verso la crisi siriana. Ma è anche l’indice di come Barack Obama non abbia ancora deciso cosa fare in concreto. Ed è la spia delle profonde divisioni che persistono all’interno dell’amministrazione, spaccata tra falchi e colombe.

Che il team della sicurezza di Obama e i vertici militari non abbiano una visione unanime sul da farsi in Siria non è una novità. Ci sono innanzitutto quelli che invocano prudenza: un coinvolgimento diretto degli Usa nel conflitto aprirebbe scenari difficili da gestire, col rischio che nell’area si scateni una vera e propria guerra. E col pericolo di un coinvolgimento di Paesi come l’Iran e Israele. Senza contare che per adesso ad essere divisa è anche la comunità internazionale, con l’atteggiamento tuttora filo-Assad della Russia.

È questa prudenza e cautela che finora hanno guidato la linea di Obama, riluttante a ritrovarsi in guerra dopo aver fatto della fine dei conflitti in Afghanistan e Iraq una delle bandiere della sua presidenza. Ma di fronte a una controffensiva che potrebbe finire per stroncare le forze di opposizione siriane e riconsegnare l’intero Paese ad Assad, il presidente americano non può più stare fermo, pressato com’è dalle critiche interne ma anche dai tanti che, alla Casa Bianca come al Pentagono, da tempo spingono per un impegno maggiore degli Usa. Questo chiedendo non solo di rifornire i ribelli con armi pesanti, ma anche di bombardare le piste di decollo e atterraggio usate da Damasco per sferrare gli attacchi chimici, trasportare le truppe e ricevere forniture di armi dall’Iran.

Quali passi intraprenderà ora Washington – dopo l’annuncio della linea rossa varcata da Damasco – dipenderà molto dalle discussioni al G8 della prossima settimana. Fonti dell’amministrazione americana hanno fatto trapelare che il “sostegno militare” promesso dalla Casa Bianca come reazione all’uso di armi chimiche per il momento prevedrebbe solo l’ok all’invio ai ribelli di armi leggere e di munizioni.

Tra le consegne, coordinate dalla Cia, potrebbero esserci – ma in un secondo momento – anche armi anticarro. Ma l’invio di batterie antiaeree – più volte chiesto a gran voce dalle forze anti-Assad – verrebbe per il momento scartato. Il giudizio degli esperti è chiaro: se questo è il sostegno militare previsto, servirà appena a preservare la credibilità di Obama. Ma non a cambiare gli equilibri sul campo.

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