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Siria: Ginevra, regime e opposizioni ancora lontani

(Keystone-ATS) Sono ancora molto distanti le posizioni del regime siriano e degli oppositori a meno di 48 ore dall’avvio a Ginevra dei colloqui indiretti mediati dall’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) per cercare una soluzione politica al conflitto in corso da cinque anni.

Da Damasco, il ministro degli Esteri Walid al Muallim ha ribadito che le eventuali decisioni sulla “transizione politica” spettano solo al “popolo siriano”, mentre gli oppositori appena giunti in Svizzera sono tornati a dire che sono pronti a trattare per una “transizione” in cui il contestato presidente Bashar al “Assad non avrà posto”.

Muallim, che aveva detto che la delegazione del governo attenderà le opposizioni a Ginevra non più di 24 ore, ha inoltre respinto le dichiarazioni dell’inviato Onu Staffan De Mistura, secondo cui le elezioni presidenziali si dovranno tenere entro 18 mesi dall’avvio del processo negoziale. “Né lui né nessun altro hanno il diritto di parlare di elezioni presidenziali. È un diritto esclusivo del popolo siriano”, ha detto Muallim.

Martedì prossimo si celebra intanto il quinto anniversario dell’inizio delle allora inedite proteste pacifiche anti-regime e della conseguente repressione governativa. Da allora a oggi sono morti in Siria circa mezzo milione di persone e più della metà della popolazione ha dovuto abbandonare le proprie case. Sul terreno, sia americani che russi affermano che la tregua da loro stipulata e in corso dal 27 febbraio scorso “regge”, a parte alcune “violazioni” registrate nei vari teatri del conflitto.

Dall’Arabia Saudita, il segretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry ha affermato che grazie all’interruzione delle ostilità in diverse aree del Paese la violenza è diminuita tra l’80% e il 90%. Un risultato giudicato “molto significativo” da Kerry, che ha annunciato di volerne parlare entro oggi col collega russo Serghiei Lavrov.

Sul terreno la realtà è meno idilliaca. A parte la regione di Damasco e quella meridionale di Daraa, dove non si registra un incremento delle violenze, i bombardamenti russi e governativi siriani proseguono nella Siria centrale e in quella settentrionale, in particolare lungo i fronti di Hama-Idlib e Latakia-Idlib. L’accordo russo-americano per la tregua non comprende le aree dove sono presenti, tra gli altri, l’ala siriana di al Qaida (Jabhat an Nusra) e gruppi a essa affiliati. Questi gruppi sono operativi nella regione di Idlib e ai suoi confini con le regioni di Latakia e Hama.

Ma i raid russi e governativi si concentrano anche in zone non controllate dai qaidisti. A nord di Hama un gruppo locale di insorti ha rivendicato l’abbattimento di un Mig governativo, il cui pilota è riuscito a gettarsi col paracadute e a cadere in un’area controllata dai lealisti. I media controllati da Damasco non riferiscono di nessun aereo caduto in volo mentre sui social network attivisti e miliziani hanno pubblicato diversi video e foto dell’aereo precipitato.

Intanto la Turchia è tornata a colpire postazioni curdo-siriane a nord di Aleppo, e la Russia ha denunciato le “violazioni” alla tregua da parte di Ankara. L’artiglieria turca sostiene però anche l’avanzata di insorti arabi e turcomanni contro l’Isis a nord-est di Aleppo lungo la frontiera turca. Nello scontro con l’Isis si registra l’intensificarsi di raid russi e governativi nel distretto di Palmira, la città nota per ospitare il noto sito archeologico romano patrimonio dell’umanità dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco). Per il secondo giorno, attivisti dell’area sotto controllo Isis hanno denunciato il bombardamento di abitazioni di civili nella città di Palmira e nei pressi dell’area archeologica. L’agenzia ufficiale Sana conferma i raid ma afferma che sono avvenuti contro “postazioni di terroristi”.

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