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Siria: regime continua a sparare sulla protesta del venerdì

(Keystone-ATS) Migliaia di siriani sono tornati in piazza nell’ormai abituale appuntamento settimanale del venerdì di protesta anti-regime. Come di consueto, le forze fedeli al regime hanno aperto il fuoco uccidendo diversi manifestanti. Intanto oggi è scaduto l’ultimatum concesso al presidente Bashar al Assad perché accolga nel Paese osservatori arabi, e i ministri dell’economia della Lega Araba domani vauteranno l’imposizione di sanzioni. D’altro canto, Damasco accusa Israele dell’agguato di ieri contro alcuni piloti, rivendicato dall’Esercito Libero Siriano (ESL).

Secondo la lista diffusa in serata dal Centro di documentazione delle violazioni in Siria, legato ai Comitati di coordinamento locali degli attivisti, tre vittime si sono registrate oggi nella regione orientale di Dayr az Zor, uno a Hula in quella centrale di Homs, un altro a Jassem nei pressi di Daraa a sud, uno a Duma sobborgo di Damasco e un settimo a Salhiye, quartiere nel centro della capitale.

Altri 18 uccisi – in tutto sono 25 oggi secondo gli attivisti – sono documentati nei pressi di Hama (5 a Karnaz, uno a Jibbin), a Homs città (4) e nelle sue vicinanze (5 a Rastan, 2 a Talbisse) e un disertore a Kanaker, sobborgo di Damasco. Questi 18 sono distinti dai primi sette perché sono caduti in noti epicentri della rivolta e non è chiaro se siano civili inermi oppure civili armati, membri di un’ormai attiva resistenza contro la repressione del regime, in corso da otto mesi e mezzo.

Dal canto suo l’agenzia ufficiale Sana ha riferito stasera dell’uccisione di tre tra agenti delle forze dell’ordine e artificieri nella regione di Hama, e dell’uccisione di 16 terroristi e dell’arresto di decine di altri in operazioni a Rastan e a Homs.

E a proposito di manifestazioni di strada, i media di regime non hanno riferito, come è tradizione, delle proteste anti-governative, ma hanno invece dato risalto ai cortei lealisti riproposti stamani a Damasco e Aleppo.

In un raro comunicato, i vertici delle forze armate hanno inoltre ammesso l’uccisione ieri di dieci tra piloti e personale militare “in una base dell’aeronautica” lungo la strada tra Homs e Tadmor (Palmira).

Secondo gli attivisti, sette piloti, tutti ufficiali, erano stati uccisi ieri in agguato teso da beduini nei pressi di Furqlus, 35 km a sud-ovest di Homs, un’area tradizionalmente dominata da clan tribali e densa di obiettivi militari. L’ESL aveva riferito che l’agguato era stato compiuto contro un bus militare e non contro una base aerea.

Per il regime invece, l’attacco “ancora una volta dimostra il coinvolgimento di elementi stranieri nel sostenere queste operazioni terroristiche, che hanno l’obiettivo di indebolire le capacità combattenti delle nostre forze armate immortali”. Il comunicato è quindi più esplicito: “Chi beneficia di quest’azione terroristica sono i nemici della patria e della nazione, in primis Israele”.

A sostegno della tesi del complotto straniero contro il regime di Assad continua a esprimersi la Russia. Proprio mentre stava per scadere al Cairo l’ultimatum concesso ieri dalla Lega Araba per l’avvio della missione di osservatori in Siria, da Mosca il ministero degli esteri ha ribadito che “attualmente quello di cui c’è bisogno non sono sanzioni e non sono pressioni, ma dialogo interno”. A quest’appello si sono implicitamente uniti i rappresentanti di Cina e dell’asse Brasile-India-Sudafrica.

E mentre da New York il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon si è detto pronto a sostenere gli sforzi della Lega Araba, il Comitato delle Nazioni Unite sulla tortura da Ginevra ha espresso “profonda preoccupazione” per i rapporti su gravi violazioni dei diritti umani in Siria, ed in particolare “i casi di tortura che hanno coinvolto anche bambini, in un clima di impunità”.

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