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Soldini, nuovo film poesia per uscire da fango

(Keystone-ATS) Il nuovo film di Silvio Soldini, “Il comandante e la cicogna”, avrebbe dovuto essere un musical. Poi il regista italo-svizzera di “Pane e Tulipani”, che ne sta ultimando le riprese a Torino con un cast stellare, ha optato per la commedia. I toni leggeri, mescolati con elementi surreali e poetici, sono stati scelti però per raccontare “il fango, il senso di poltiglia nel quale oggi viviamo”.

Il lungometraggio, ricavato da un soggetto scritto da Soldini con Doriana Leondeff e Marco Pettenello, mette in scena le vite di un coro di personaggi impersonati da Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini, Luca Zingaretti. Sta a loro e alle loro storie indicare che “la luce in fondo al tunnel” esiste. Sullo sfondo un’Italia reinventata, con tante bandiere tricolori e piazze che non esistono, nelle quali alcune statue parlanti osservano le umani sorti e le commentano.

“Volevamo raccontare questo senso di poltiglia che si sente intorno – ha spiegato Soldini oggi sul set – l’essere nel fango anche per colpa della politica e volerne uscire. Abbiamo mostrato che si può andare verso qualcosa di bello e poetico, e l’abbiamo fatto mescolando elementi di realtà e di fantasia. Ma anche gli aspetti più surreali, come le statue di Leopardi e Garibaldi che si mettono a commentare ciò che vedono, hanno una funzione. Loro hanno visto ciò che c’era prima, hanno il distacco che serve per comprendere il presente”.

Per Nicola Mancino di Warner Bros Pictures Italia, che distribuisce la pellicola, questa opera segna il ritorno di Soldini ai toni della commedia del primo grande successo, “Pane e Tulipani”. “È vero – ha ammesso il regista – ma questo film è molto più corale e fantasioso. È poetico, divertente, e certamente assai più balzano di ‘Pane e Tulipani'”. Tra le molte storie che si intrecciano spicca quella di Leo (Mastandrea), un idraulico con due figli da crescere, e Diana (Rohrwacher), un’artista piena di idee e senza un soldo. I due si incontreranno nello studio di un avvocato truffaldino, Malaffano (Zingaretti), e si innamoreranno. Ai loro destini si mescolano quelli di Elia, un ragazzino amico di una cicogna, Amanzio (Battiston), che vive da eremita metropolitano, e Teresa (Gerini), la moglie defunta di Leo che lo visita ogni notte.

Il cast, da dieci settimane per le riprese in una Torino tornata nebbiosa, è affiatato. Mastandrea, il più estroverso, scherza sul freddo del set e sul bagno di umiltà inflittogli da “un regista che preferisce le statue agli attori”. Battiston, invecchiato per esigenze di scena, si spiega come il personaggio con il compito di “denunciare ingiustizie e malfunzionamenti”. Gerini, che sfoggia un inedito accento genovese, si dipinge in “un ruolo un po’ magico e particolarissimo”. Rohrwacher, trasformata da un caschetto di capelli neri, ironizza su una parte che le somiglia “poco nei colori, abbastanza nelle sfumature”. Prodotto da Lionello Cerri e costato cinque milioni di euro, il film è una coproduzione italo- svizzera.

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