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Spagna: la Catalogna rilancia la guerra di secessione

(Keystone-ATS) Secessione dalla Spagna entro sei, otto mesi: non scherzano gli indipendentisti catalani di centro- destra e di sinistra che oggi hanno concordato di presentare una lista unica alle regionali del 27 settembre con un solo obiettivo: il divorzio da Madrid.

Secondo un sondaggio di La Vanguardia, possono farcela. Con una lista unica possono conquistare la maggioranza assoluta dei seggi nel parlamento di Barcellona alle regionali, che il presidente catalano uscente il nazionalista Artur Mas ha deciso di trasformare in un plebiscito sull’indipendenza.

Il suo partito, Convergencia (Cdc), e la Sinistra Repubblicana Catalana (Erc) hanno deciso di mettere da parte le storiche divergenze politiche e ideologiche – Erc ha appena contribuito a eleggere sindaco di Barcellona la candidata di Podemos Ana Colau contro quello di Cdc Xavier Trias – e andranno insieme al voto.

Stando al sondaggio Feedback pubblicato da La Vanguardia una lista comune dei partiti indipendentisti (Cdc, Erc e Cup) otterrebbe fra 68 e 72 dei 135 seggi del parlamento catalano. Cioè la maggioranza assoluta. Per ora il terzo partito, Cup, non ha aderito. Ma difficilmente potrà restare fuori dal patto.

Il documento sottoscritto da Mas e dal leader di Erc Oriol Junqueras prevede che entro sei o otto mesi dal voto il nuovo governo regionale indipendentista catalano sempre guidato da Mas dichiari la secessione dalla Spagna. L’obiettivo è una effettiva separazione in 18 mesi. Non è chiaro come Mas e Junqueras intendano arrivarci. La costituzione spagnola non prevede la secessione di una regione. E il governo centrale di Madrid è sempre riuscito a impedire con sentenze giudiziarie la tenuta di referendum sull’indipendenza catalana. Certo Madrid e Barcellona si troverebbero a coltelli spianati, in una situazione di fortissima tensione.

Secondo La Vanguardia i due leader indipendentisti vogliono provocare con la dichiarazione di secessione una “disconnessione”, un “punto di rottura”, fra Catalogna e stato centrale. La manovra ha un ulteriore punto debole: gli ultimi sondaggi danno i sostenitori dell’indipendenza leggermente minoritari ancora, al 44,5% contro il 48%, nella popolazione catalana. Mentre cresce (al 39%) il campo dei favorevoli ad una terza via, una riforma della costituzione spagnola che conferisca alla Catalogna una molto più ampia autonomia in un sistema federale. Una opzione finora scartata dal governo del premier popolare Mariano Rajoy.

L’esito del braccio di ferro in vista sulla Catalogna dipenderà anche, per buona parte, dal risultato delle politiche spagnole di novembre. Se rimarrà al potere Rajoy, il muro contro muro con un governo indipendentista catalano sembra inevitabile. Se prevarranno il socialista Pedro Sanchez, o il leader di Podemos Pablo Iglesias, o i due in coalizione, potrebbe esserci invece un più ampio margine di compromesso.

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