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Strage Bologna: ai NAR 1 milione dollari da Gelli o suoi emissari

Licio Gelli (foto del '96) diede un milione di dollari in contanti ad alcuni dei terroristi neofascisti dei NAR pochi giorni prima della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, che causò 85 morti e 200 feriti. KEYSTONE/KARL MATHIS sda-ats

(Keystone-ATS) Un milione di dollari in contanti sarebbe la quota data da Licio Gelli ad alcuni dei terroristi neofascisti dei NAR pochi giorni prima della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, che causò 85 morti e 200 feriti.

Soldi che arrivavano dai conti svizzeri di Licio Gelli e che facevano parte di una fetta più ampia di cinque milioni di dollari – o forse anche maggiore – che a più riprese sarebbero transitati da febbraio ’79 e fino al periodo successivo alla strage anche agli organizzatori e ai depistatori.

È un particolare che emerge dall’inchiesta della Procura generale di Bologna sui mandanti dell’attentato e che poco tempo fa ha visto la richiesta di rinvio a giudizio per per Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale, accusato di concorso nella strage del 2 agosto 1980. L’inchiesta si è concentrata soprattutto sulle “menti” dietro la bomba, individuando in Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti già deceduti, come mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato.

A quanto si apprende, infatti, gli inquirenti hanno scoperto che nei giorni immediatamente precedenti la strage Licio Gelli, un suo factotum e alcuni degli esecutori si trovavano nella stessa località. Gelli, o un suo emissario secondo i magistrati, avrebbero consegnato il milione di dollari in contanti agli attentatori. Un’altra parte di quei cinque milioni, circa 850’000 dollari, finì invece a D’Amato, ex capo dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, che secondo l’ipotesi investigativa teneva i contatti con la destra eversiva tramite Stefano Delle Chiaie, capo di Avanguardia Nazionale. E ancora un’altra fetta di quel denaro sarebbe servita invece a finanziare il depistaggio a mezzo stampa.

In particolare, la Procura generale ritiene che una somma andò a Mario Tedeschi, ex senatore del MSI (Movimento Sociale Italiano, neofascista) iscritto alla loggia massonica P2 (Propaganda Due) e direttore del settimanale “Il Borghese”, perché portasse avanti una campagna sul suo giornale avallando l’ipotesi della “pista internazionale” dietro la strage.

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