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Thailandia: amnistia e tempio conteso, tensione a Bangkok

(Keystone-ATS) La Thailandia e in particolare Bangkok si preparano oggi a ore di forte tensione, in una giornata in cui si attende la votazione del Senato su una controversa legge di amnistia politica, e in serata il giudizio della Corte internazionale di giustizia sul possesso del territorio circostante il tempio di Preah Vihear, conteso con la Cambogia.

Nella capitale, dove da dieci giorni l’opposizione è in piazza a protestare contro l’amnistia che permetterebbe il ritorno in patria dell’ex premier in auto-esilio Thaksin Shinawatra, manifestazioni pacifiche a macchia di leopardo continuano anche oggi.

La polizia segnala il rischio di violenze, date le contemporanee proteste delle “camicie rosse” favorevoli invece al governo di Yingluck Shinawatra (sorella di Thaksin), scese in piazza già ieri per difenderlo. Molti dei sostenitori del governo sono peraltro contrari all’amnistia, che si applicherebbe ai reati politici successivi al 2004 e quindi anche ai responsabili della repressione militare contro i “rossi” nel 2010, che causò 91 morti e quasi 2 mila feriti.

È previsto che al Senato – composto per metà da rappresentanti nominati e non eletti – il governo non riesca a ottenere la maggioranza su un provvedimento che ha risvegliato l’opposizione tanto che, già la settimana scorsa, Yingluck ha lasciato capire che il governo potrebbe lasciar cadere la legge in tale caso.

Ma la questione sembra aver ormai assunto una valenza che va al di là del provvedimento, con l’opposizione – formata in particolare dalle classi medio-alte della capitale – che chiede ormai apertamente le dimissioni del governo, e non sembra disposta a lasciar disperdere l’entusiasmo generato dalle manifestazioni.

In tale quadro, c’è attesa per il giudizio della corte Onu sui 4,6 chilometri quadrati attorno a Preah Vihear, un antico tempio induista il cui possesso è stato attribuito alla Cambogia dallo stesso tribunale nel 1962, ma che in Thailandia infiamma tuttora gli animi dei più nazionalisti.

Nel caso il verdetto di oggi favorisse la Cambogia, il rischio è che il governo Yingluck venga criticato per aver “tradito il Paese perdendo pezzi di territorio”, come era avvenuto a un altro esecutivo pro-Thaksin nel 2008.

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