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TPF: iracheno deve rispondere di sostegno a Isis

Un iracheno deve rispondere al Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona di sostegno all'Isis (foto d'archivio) KEYSTONE/Pablo Gianinazzi sda-ats

(Keystone-ATS) Un iracheno di 52 anni, arrestato nel 2017 in un centro per richiedenti l’asilo a Turgovia, compare oggi davanti al Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona.

L’uomo è accusato di sostegno allo Stato islamico (Isis) e di aver ricevuto l’ordine di preparare un attentato in Svizzera.

In un atto d’accusa di 98 pagine, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) scrive che l’uomo era un “membro operativo dell’organizzazione terroristica dello Stato islamico vietata”, probabilmente già nel 2014 o al più tardi a metà del 2016.

Secondo il MPC, l’iracheno avrebbe soggiornato in Svizzera dal 1998. Prima del suo arresto, avvenuto l’11 maggio 2017 nel centro di accoglienza di Eschlikon (TG), è stato osservato e ascoltato per mesi. L’atto d’accusa contiene numerose trascrizioni di chat e notizie da lui inviate sui social media.

Sette telefoni

Gli inquirenti hanno sequestrato sette cellulari e sono convinti che l’accusato si sarebbe unito ai combattenti dell’organizzazione terroristica non appena la sua presenza in Svizzera non fosse più stata ritenuta necessaria.

Il MPC lo accusa di aver svolto numerose attività per conto dell’Isis tra cui l’istigazione di un attentato suicida in nome dello Stato islamico, il finanziamento dell’organizzazione per un totale di 17’000 franchi, il reclutamento e la conduzione di diverse persone nell’Isis e l’aver ricevuto istruzioni da un quadro dello Stato islamico in vista della preparazione di un attentato in Svizzera.

Inoltre, l’iracheno è accusato di aver frodato l’aiuto sociale del comune di Eschlikon nascondendo il suo patrimonio. I danni sono stimati a 4.200 franchi. Inoltre, è stato stabilito che abbia viaggiato senza patente attraverso la Svizzera orientale circa 100 volte tra settembre 2016 e aprile 2017.

Atti di crudeltà

L’iracheno è anche accusato di produrre e conservare rappresentazioni di violenza. L’atto d’accusa descrive numerosi video di atti di crudeltà, tra cui decapitazioni o esecuzioni con esplosivi e armi o mediante fuoco, maltrattamenti e mutilazioni.

Il MPC dedica anche ampio spazio alla relazione dell’imputato con una donna di nome Fatima, domiciliata in Libano che ha conosciuto tramite Facebook e sposato secondo la legge islamica in videoconferenza nell’agosto 2016. La Procura dispone di una conversazione con la giovane sposa in cui l’imputato la incoraggia nel suo desiderio di perpetrare un attacco terroristico contro l’esercito libanese o le truppe americane.

Secondo il suo avvocato d’ufficio Sascha Schürch, l’accusato contesta la maggior parte di questi addebiti e il suo ruolo all’interno dello Stato islamico. Egli ammette solo qualche punto minore, ha detto il difensore dell’uomo a Keystone-ATS. Per quanto riguarda la lunga detenzione preventiva di oltre tre anni, Schürch conferma che non ci sono state richieste di rilascio. La difesa non ha voluto prolungare ulteriormente il processo.

La durata prevista del processo è di tre giorni, ma la traduzione in Sorani (dialetto curdo) potrebbe prolungare i dibattiti. Non è stata ancora fissata una data per la lettura della sentenza.

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