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Tra un anno Iran potrebbe avere l’atomica

(Keystone-ATS) L’Iran potrebbe impiegare solo un anno per avere abbastanza uranio arricchito per una bomba atomica, e altri uno-due per montarlo su un missile. Parola di Leon Panetta, capo del Pentagono, che per la seconda volta in tre giorni ha riportato in primo piano l’allarme sui possibili scopi militari del nucleare iraniano. Panetta ha ribadito che gli Stati Uniti faranno “tutto il necessario” per impedirlo. E confermando che “tutte le opzioni sono sul tavolo”.

Nei giorni scorsi era emerso che lo stesso Pentagono ritiene necessario potenziare la sua superbomba, capace di attraversare strati di roccia e cemento prima di esplodere, per garantirsi il successo in caso di attacco all’impianto di Fordow, il sito iraniano per l’arricchimento dell’uranio costruito sotto una montagna.

Intanto in Iran nessuno mostra di lasciarsi intimidire, ma per ora le bocce sono ferme e prevalgono i toni moderati. Nessuno ha il diritto di chiederci di fermare l’arricchimento dell’uranio, ribadisce però da Addis Abeba il ministro degli esteri Ali Akbar Salehi. Ne “abbiamo il diritto legale – risponde in una conferenza stampa – e lo perseguiamo in accordo con l’Ntp (Trattato di non-proliferazione nucleare)”.

Ma l’Iran è anche disponibile ad un prolungamento oltre i tre giorni della missione dell’Aiea iniziata ieri a Teheran, osserva, e sui cui risultati si conferma ottimista. E suggerisce a Usa ed Europa di interloquire con l’Iran invece di imporre sanzioni. Ma Teheran assicura anche di non temere di fare la fine dell’Iraq: siamo “un Paese potente e molto diverso dall’Iraq”, puntualizza, altrimenti chi avesse voluto attaccare l’avrebbe già fatto. Quanto alle sanzioni Ue contro il suo petrolio, l’Iran “ha molti clienti” conclude, e le sanzioni “non sono un grande problema”. Ma la reazione iraniana alla mossa di Bruxelles resta all’ordine del giorno, tanto che ieri il ministro del petrolio Rostam Qasemi ha annunciato che presto l’Iran taglierà le esportazioni di greggio “verso alcuni paesi”. Un’ipotesi che si è già tradotta in un disegno di legge bellicosamente annunciato nei giorni scorsi da alcuni deputati, ma che non sembra ancora avere trovato una corsia d’urgenza per il suo iter parlamentare. Insomma, per ora l’Iran si limita a parlare e guardare, ma anche i suoi dirigenti lasciano diverse opzioni aperte sul tavolo.

L’ex comandante delle Guardie rivoluzionarie Yahya Rahim-Safavi, ora consigliere della Guida Suprema, nota per esempio sulla Mehr che i paesi musulmani “hanno il controllo delle rotte marittime strategiche nel mondo e quindi possono “controllare l’economia mondiale”. Un’implicita allusione a quella chiusura dello Stretto di Hormuz tanto minacciata nelle scorse settimane. E della quale probabilmente oggi ha anche parlato il primo vice presidente iraniano Mohammad Reza Rahimi in visita al sultano dell’Oman, l’altro Paese che si affaccia su quello strategico braccio di mare e che da una parte ci tiene ad avere rapporti di buon vicinato con Teheran, dall’altro ha accordi militari con gli Usa ed il Regno Unito. E vedrebbe come una catastrofe un blocco della vitale arteria per il traffico petrolifero mondiale. Ma intanto i militari si preparano alle prossime celebrazioni dell’anniversario della Rivoluzione, dieci giorni dal primo all’11 febbraio, e hanno già annunciato che per l’occasione presenteranno gli ultimi traguardi raggiunti, nonostante le sanzioni, dall’industria nazionale. Oggi il ministro della Difesa Ahmad Vahidi ne ha dato un’anticipazione: nuovi proiettili a guida laser ad alta precisione, capaci di colpire obiettivi fissi e mobili sul fronte nemico, e grazie anche ai quali – ha sottolineato – l’Iran si colloca fra i primi cinque Paesi per la produzione di armi ad alta tecnologia.

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