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Tre quarti del greggio eliminato, danni enormi

(Keystone-ATS) WASHINGTON – Circa tre quarti del greggio che si è riversato nel Golfo del Messico dal pozzo della BP, chiuso oggi dopo oltre tre mesi, è già stato eliminato: lo sostiene un rapporto della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), l’agenzia governativa che sin dal primo giorno della perdita di greggio sta monitorando la marea nera.
Secondo quest’organizzazione federale, solo il 26% dei circa 5 milioni di barili, oltre 780 milioni di litri di greggio, fuoriusciti dal pozzo Macondo, si troverebbe infatti sulla superficie del mare. Il resto è evaporato, è stato recuperato, bruciato o sciolto dai solventi. Oppure eliminato dai batteri che si trovano nell’acqua.
Il fenomeno era già stato rilevato in modo empirico già qualche settimana fa grazie alle foto scattate dal satellite. L’immensa chiazza nera, che a partire dal 20 aprile si era allargata fino ad occupare il Golfo quasi per la sua metà, è stata ridotta ad alcune “macchie” che galleggiano al largo della Louisiana, circondate da “skimmer”, le navi con a bordo attrezzature per separare l’acqua dal petrolio, della Guardia Costiera americana e della BP.
Secondo le cifre fornite dagli scienziati dell’amministrazione Obama, un terzo del greggio è stato fatto fuori dall’uomo, aspirato dalle pompe idrauliche, o bruciato, o trattato con il ricorso di forti solventi gettati sul mare dal cielo con alcuni aerei, così come si fa con gli insetticidi sui campi. Un altro terzo è sparito per cause naturali, o evaporando nell’atmosfera o disperdendosi nell’acqua in particelle microscopiche. Infine, il rimanente terzo di petrolio che non galleggia più sulle acque del Golfo è arrivato ormai da giorni sulle coste in forma di catrame.
I risultati di questo rapporto sono stati accolti da Barack Obama come “una buona notizia”. Tuttavia, ciò non vuol dire che i danni all’ambiente non siano enormi, come protestano le associazioni ecologiste e la gente che viveva grazie alla pesca.
Che l’inquinamento di tutta la zona resti comunque gravissimo, lo ammette anche Jane Lubchenco, capo della NOAA: “Al momento – spiega al NYT – non è ancora possibile conoscere con precisione l’impatto che questa perdita ha avuto e continuerà ad avere nell’ecosistema del Golfo e per la popolazione che vive in queste zone”.
In particolare, i biologi marini dovranno ancora quantificare il danno che il petrolio ha fatto alle uova e alle larve degli organismi viventi in questo enorme specchio di mare. La comunità scientifica è infatti concorde nel ritenere che per colpa della BP non nasceranno più in questa zona, non si sa per quanti anni ancora, pesci, gamberi e granchi. Per non parlare delle migliaia di uccelli che sono morti e che non potranno più nidificare lungo le coste della Louisiana, del Mississippi, dell’Alabama e della Florida.

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