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Tunisia: in piazza ora anche a sostegno governo

(Keystone-ATS) È nata con il gesto estremo di Mohamed che si è dato fuoco a Sidi Bouzid la “rivolta del gelsomino”. Stessa disperazione di un disoccupato oggi a Gafsa, ma per la fine degli scioperi e il ritorno alla normalità. Che, come un altro disoccupato a Rgueb, si è dato fuoco. Ma davanti alla sede del sindacato. Poche ore e la “rivoluzione tunisina” potrebbe assumere connotati tutti nuovi.

Domani viene annunciata la “composizione definitiva” del governo di transizione. Poi, a seguire e ad affiancarlo, potrebbe essere un “consiglio a salvaguardia della rivoluzione”, una sorta di gruppo di saggi che sorvegli sul processo di transizione. La vogliono chiamare “soluzione” non compromesso, ma di fatto è un necessario accordo per scongiurare il caos e andare avanti. Perché oggi in piazza, per la prima volta, sono scesi anche quelli che questo governo lo sostengono e vogliono “lasciarlo lavorare”.

Per tutta la giornata i contestatori hanno resistito urlando il loro dissenso sotto la finestra del primo ministro alla Casbah, ma nel pomeriggio lungo avenue Bourghiba – fino ad ora teatro indiscusso dei dimostranti che chiedono la dissoluzione del governo ritenuto troppo vicino al vecchio regime – si è materializzata quella che qualcuno aveva definito la ‘maggioranza silenziosa’. “Sì al lavoro, no al caos”. “Vogliamo libertà, non anarchia” sono stati gli slogan della contromanifestazione, giunta anche scortata dalla polizia per timori di scontri. Qualche momento di tensione c’è stato quando, dopo uno scontro verbale tra i ‘pro’ e i ‘contro’, un gruppo di sostenitori del governo è stato disperso dall’intervento e dalle urla di quelli che fino ad ora erano padroni unici della piazza.

“La rivoluzione l’abbiamo fatta, ma adesso dobbiamo andare avanti. Dobbiamo lavorare, i ragazzi devono andare a scuola. Basta con questi scioperi e questo caos – dice Tarek, funzionario – questo non vuol dire che a me piace il governo, ma è un periodo di transizione, poi andremo ad elezioni”.

“Sono stati pagati per venire in piazza, ne siamo certi, sono dell’RCD”, interviene invece un giovane. “Eccolo, questo è il folclore dell’RCD – dice indicando alcune persone impegnate a spazzare la strada dai rifiuti – lo fanno per far vedere che loro sono ‘civilizzati’ e noi che manifestiamo da giorni no. Bisogna fare attenzione. Non possiamo lasciarci sfuggire così tra le dita questa rivoluzione”.

Sotto la pressione della piazza però il governo aveva annunciato il rimpasto di governo: fin da ieri voci si rincorrono sulla fuoriuscita di figure chiave considerate emblematiche del regime di Ben Ali, proprio per tentare di arginare il malcontento che tiene ancora la gente in piazza.

Sembrava non poter essere sufficiente per calmare gli animi gonfi della rivoluzione, ma adesso si ‘tratta’, perché “questo è un momento importante e bisogna stare attenti a prendere la direzione giusta per non perdere tutto, per non tornare indietro”, ha detto all’ANSA Sihem Bensedrine, nota attivista per i diritti umani e a capo del Consiglio nazionale per le libertà in Tunisia. Per questo è stato proposto un organo “che raccoglie esponenti dell’opposizione che non sono nel governo, del sindacato, ma anche esperti, avvocati, e rappresentanze della società civile, che si potrebbe chiamare ‘Consiglio per la salvaguardia della rivoluzione’.

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