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Turkmenistan: plebiscito per presidente, modello ‘stan’

(Keystone-ATS) Ha rivinto le presidenziali di ieri con il 97,14% Kurbanguly Berdymukhamedov, il padre padrone del Turkmenistan, Paese centroasiatico ricco di idrocarburi ma tra i più chiusi e repressivi del mondo. E senza l’ombra di primavere arabe. Ha fatto meglio della prima volta (89,% nel 2007), ma non è riuscito a superare il suo predecessore Samarmurat Niazov, che nel 1992 fu eletto con il 99,5% dei voti: un record assoluto.

Ma Arkadag (il padrone), come lo chiamano i suoi “sudditi”, aveva di fronte ben sette candidati, ovviamente tutti figuranti di regime per dare una parvenza democratica al voto. Una preoccupazione condivisa da tutti i satrapi degli “Stan”, i Paesi dell’Asia centrale, anche se poi raccolgono quelle che un tempo si chiamavano percentuali bulgare. Il caso di Berdymukhamedov, infatti, non è una eccezione ma la regola nelle ex repubbliche sovietiche asiatiche, in parte per una secolare cultura politica ruotante intorno al ‘khan’: il presidente kazako Nursultan Nazarbaiev è stato rieletto lo scorso anno col 95,5%, quello tagiko Emolali Rakhmon nel 2006 con il 79,3%, quello uzbeko Islam Karimov nel 2007 con l’88,1%.

Solo il Kirghizistan è riuscito a trasformarsi dopo due rivoluzioni in una repubblica parlamentare. In compenso ci ha pensato Aleksandr Lukashenko, l’ultimo dittatore d’Europa, come lo definì la Casa Bianca, a mantenere elezioni plebiscitarie nel vecchio continente: 83% nel 2010. Tutti voti bocciati dall’Osce, che in Turkmenistan non c’è neppure andata per l’evidente mancanza di concorrenza.

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