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Ucraina, summit a Berlino senza Putin

(Keystone-ATS) Vertice a Berlino sulla crisi ucraina tra Merkel, Hollande e Poroshenko, il primo dopo gli accordi di Minsk-2 dello scorso febbraio. L’obiettivo, ha spiegato il presidente ucraino, è di coordinare la loro la posizione in vista di un possibile summit con Putin.

Questo spiega l’assenza del leader del Cremlino, che qualcuno nei giorni scorsi aveva interpretato come un suo ulteriore isolamento: la leadership franco-tedesca sa bene che senza di lui non si esce dal conflitto congelato del Donbass, per il quale il Papa anche ieri ha rinnovato il suo appello alla pace. L’unico punto fermo per tutti restano gli accordi raggiunti nella capitale bielorussa.

“Siamo qui per applicare gli accordi di Minsk, non per metterli in discussione”, ha assicurato la cancelliera tedesca incontrando la stampa con Hollande e Poroshenko prima del trilaterale in serata. “Ci sono sempre contatti con il presidente russo. Non siamo qui senza che Mosca lo sappia”, ha proseguito senza escludere “un incontro a quattro” in futuro. “Nei lavori di preparazione per gli accordi di Minsk siamo stati a Mosca. Ieri c’è stata un’esaustiva telefonata nel formato Normandia. Oggi possiamo approfondire la prospettiva ucraina”, ha aggiunto, sottolineando anche la necessità di garantire l’operatività dell’Osce nella zona del conflitto, ostacolata dagli “attacchi” ai suoi osservatori e ai suoi droni. Anche Hollande ha insistito per la “piena applicazione” degli accordi dello scorso febbraio. Pure Poroshenko ha riconosciuto che non esiste alcuna alternativa a quegli accordi.

Ma oggi a Kiev, in un appassionato discorso alla parata (senza mezzi militari, contrariamente all’anno scorso) per il 24/mo anniversario dell’indipendenza del Paese dall’Urss, ha ammonito che resta la minaccia di “un’invasione diretta su larga scala o di un’ offensiva dei miliziani” nel cuore dell’Ucraina. “Siamo per la pace, ma non siamo pacifisti”, ha sottolineato, ammonendo che “dobbiamo superare questo anno come su un sottile strato di ghiaccio e comprendere che pure il minimo passo falso sarebbe fatale: la guerra per l’indipendenza è ancora in corso”. Per questo ha sostenuto la necessità di aumentare il numero dei soldati ad est, accusando Mosca di aver ammassato al confine circa 50 mila uomini, di avere ancora 9000 militari nel Donbass e di aver fornito ai separatisti circa 500 tank e 400 pezzi di artiglieria.

Quindi ha comparato i territori controllati dai miliziani al regno del male di Mordor, citando il Signore degli anelli di Tolkien. Tutte dichiarazioni, secondo il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, “infondate e vergognose” che “sono diventate luoghi comuni”. “Il loro obiettivo è rompere il ‘codice geneticò che garantisce l’unità delle nostre nazioni, ma non penso che ci riusciranno”, ha commentato, auspicando che Germania e Francia facciano pressione su Poroshenko per l’attuazione degli accordi di Minsk, in particolare per una maggiore autonomia alle regioni ribelli. Intanto il neopresidente polacco, Andrzej Duda, ha chiesto oggi di superare il formato Normandia invitando anche i rappresentanti di Usa e Ue, e ha proposto per Bruxelles la responsabile della diplomazia europea Federica Mogherini. Difficile immaginare una soluzione della crisi ucraina senza un avallo americano, che appare sempre più complicato nella già accesa campagna elettorale per la Casa Bianca: oggi Lavrov ha assicurato che Mosca è pronta al disgelo se continueranno ad arrivare segnali, finora “non molto chiari”.

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