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Una spedizione lunga 100 anni, al Polo su orme Shackleton

Una ricostruzione della spedizione del 1916 di Sir Ernest Shackleton con la scialuppa James Caird. Keystone/EPA/JO STEWART/ SHACKLETON EPIC / HANDOUT sda-ats

(Keystone-ATS) Un secolo per completare una spedizione – l’attraversamento dell’Antartide – iniziata dal bisnonno celebre e portata a termine ora dal pronipote, Patrick Bergel.

Nel 100esimo anniversario dell’epico viaggio di sir Ernest Shackleton, l’esploratore-poeta capace di condurre in salvo tutto l’equipaggio nonostante l’affondamento della sua imbarcazione, un discendente è tornato al Polo Sud. E lo ha fatto stabilendo un primato: Bergel è diventato il primo uomo a viaggiare nel bel mezzo dell’Antartide a bordo di una vettura “familiare”, una Hyundai Santa Fe (motore diesel da 2,2 litri, speciali pneumatici e sospensioni su misura), superando tempeste di neve, terreni impervi, temperature glaciali.

Un’avventura audace ispirata a quella ancor più temeraria del bisnonno Shackleton, che nel 1914, con un equipaggio di 27 persone, salpò da Londra alla volta dell’Antartide. Il Polo Sud era stato raggiunto tre anni prima dal leggendario norvegese Roald Amundsen: ma l’Imperial Trans-Antartic Expedition intendeva rivendicare, a nome della Gran Bretagna, terre di quella regione rimasta fino ad allora sconosciute.

Appena approdata nel continente antartico, tuttavia, la nave Endurance (Resistenza) resta imprigionata nel pack del mare di Weddel. È gennaio, Shackleton decide di attendere lo scioglimento dei ghiacci, l’estate successiva. Ma la nave non resiste alla pressione della banchisa, e qualche mese più tardi viene abbandonata.

Dopo 498 giorni, e un viaggio lungo 1300 km, l’equipaggio raggiunge Elephant Island a bordo delle scialuppe di salvataggio, ma le possibilità di cavarsela restano minime. Così Shackleton, con altri cinque uomini e solo un mese di provviste, sceglie per il disperato tentativo di raggiungere la Georgia del Sud.

Un’avventura estrema, due settimane di navigazione in condizioni impossibili, seguite da 36 ore di marcia tra ghiacciai inesplorati una volta sbarcati sull’isola. Fino alla stazione baleniera di Stromness, da dove Shackleton riesce infine a organizzare la missione di soccorso per tutti i suoi uomini, nel 1916.

Un’impresa misconosciuta fino agli anni ’60, quando missioni ben più attrezzate di quella di sir Ernest evidenziarono le enormi difficoltà affrontate e vinte dall’esploratore inglese, figura entrata ormai nell’immaginario collettivo al pari d’altri pionieri delle spedizioni polari. Uno spirito indomito e avventuroso destinato del resto a trovare comunque la morte fra i ghiacci nel 1922: nel corso dell’ennesima sfida ai rigori dell’Antartico.

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