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USA: “processo del secolo” a BP slitta al 5 marzo

(Keystone-ATS) A quasi due anni dalla marea nera che ha avvelenato il Golfo del Messico, tutto è pronto in un tribunale di New Orleans per il processo alla BP, il colosso inglese del settore energetico su cui incombe l’ipotesi di un risarcimento da record nella storia dei disastri ambientali: l’avvio era previsto per oggi, ma all’ultimo minuto è stato deciso un rinvio, di una settimana, per dare più tempo alle parti di trovare un accordo extragiudiziale.

Secondo quanto hanno annunciato in un comunicato congiunto le parti in causa, il rinvio al 5 marzo è stato deciso di comune accordo, affinché possano continuare le trattative già avviate tra la BP e gli avvocati delle circa 116’000 parti lese del settore privato.

In caso contrario, si procederà in un’aula del tribunale, dove si avrà una battaglia a colpi di miliardi di dollari, con in prima linea uno squadrone di avvocati, autorità pubbliche e dirigenti BP che si contenderanno la cifra per il saldo finale che dovrebbe chiudere il capitolo di quello che il presidente americano Barack Obama ha definito “il peggiore disastro ambientale a cui il Paese abbia mai dovuto far fronte”.

La marea nera fu causata dall’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon il 20 aprile 2010. Vi morirono undici persone e in mare finirono tra i tre e i cinque milioni di barili di petrolio. La fuoriuscita di greggio fu bloccata solo dopo 86 giorni. Secondo gli esperti finanziari, il risarcimento a carico della BP potrebbe oscillare tra 15 e 30 miliardi di dollari.

Se non troverà un accordo prima, la società sembra avere al momento due opzioni: valutare un megarisarcimento oppure affidarsi ad un giudice federale che tenga in considerazione le deposizioni invece del parere di una giuria. Se il giudice optasse per la colpa grave a carico della BP, per il colosso inglese si aprirebbe lo scenario disastroso del pagamento di un risarcimento da 52 miliardi di dollari tra multe e indennizzi.

“Qualunque sia la decisione – ha commentato Eric Schaeffer, direttore dell’Environmental Integrity Project di Wasshington – il caso della marea nera passerà alla storia come il disastro ambientale più costoso di sempre, superando di gran lunga quello causato della Exxon Valdez nel 1989, quando una petroliera dell’ExxonMobil si incagliò nel golfo di Alaska disperdendo in mare oltre 40 milioni di litri di petrolio”. All’epoca l’ExxonMobil versò al governo americano un miliardo di dollari in risarcimento.

Secondo il Clean Water Act, la legge federale contro l’inquinamento delle acque, l’inquinante deve pagare un minimo di 1100 dollari per ogni barile versato, e la cifra quadruplica per le compagnie ritenute colpevoli di colpa grave. Secondo la legge, la BP sarebbe quindi debitrice dai 5 ai 21 miliardi di dollari, ma il nocciolo della questione è stabilire se la BP possa essere accusata di colpa grave.

Inoltre, secondo l’Oil Pollution Act, che previene gli sversamenti di petrolio in mare, le compagnie sono obbligate a ripulire ciò che hanno sporcato. In tal caso, la BP dovrebbe pagare 31 miliardi di dollari, o 148 dollari a barile, per ripagare il danno all’ecosistema.

Resta tuttavia aperta anche la questione degli oltre 110’000 abitanti della zona e delle attività commerciali che ancora non hanno raggiunto un accordo con la BP e che hanno tempo fino al 20 aprile 2013 per reclamare la loro fetta.

La BP si è impegnata per ora a pagare 20 miliardi di dollari di danni e ad oggi sono stati spesi sette miliardi

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