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USA: giallo su furto di uranio a fine anni ’60, sospettato Israele

(Keystone-ATS) Una questione “potenzialmente esplosiva”. Si espresse così l’ex consigliere del presidente americano Jimmy Carter sul giallo dell’uranio rubato alla fine degli anni ’60 in un deposito in Pennsylvania. Da sempre il sospetto è che dietro a quel furto ci fosse stato Israele.

Ora quel sospetto è rafforzato da alcuni documenti della Cia declassificati. E anche se la vicenda risale a circa 40 anni fa, rischia di surriscaldare ulteriormente i già tesi rapporti tra Washington e Gerusalemme per la crisi di Gaza.

Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, nelle carte a cui è stato tolto il segreto tutto lascia pensare a un ruolo dei servizi segreti israeliani dietro il mistero dell’uranio sparito. Sparito e probabilmente utilizzato per esperimenti nell’ambito del programma per lo sviluppo di armi nucleari che clandestinamente lo Stato ebraico – tuttora indisponibile a riconoscere ufficialmente l’esistenza del suo arsenale non convenzionale – avrebbe portato avanti nel corso degli anni.

Il bottino di uranio sottratto dal capannone di Apollo non fu da poco: circa 90 chili, un quantitativo tale da poter costruire diverse bombe della grandezza e potenza di quella di Hiroshima. Già in base a una indagine avviata dall’Fbi sotto la presidenza Nixon emersero sospetti su Israele. Ma il lavoro degli investigatori federali non portò a nessuna conclusione.

Successivamente anche un’inchiesta della Cia non diede ufficialmente certezze. Ma – come emergerebbe nei documenti desecretati – l’amministrazione Carter fece di tutto per tenere la questione nascosta, per paura di pregiudicare gli sforzi allora in atto per la pace israelo-egiziana in Medio Oriente. In particolare, in un memo del 1977 di un membro dello staff per la sicurezza nazionale si legge come per Carter il rapporto della Cia sulla vicenda fosse abbastanza convincente sulle possibili responsabilità di Israele, pur non essendoci prove concrete.

Ma in un altro memo, qualche giorno più tardi, si riferisce di un viaggio a Gerusalemme del segretario di Stato dell’epoca, Cyrus Vance, che avrebbe sostenuto la necessità di distogliere l’attenzione da quelle informazioni della Cia. Informazioni che per i palestinesi e i Paesi arabi potevano trasformarsi nella prova dell’esistenza in Israele di un programma nucleare per scopi militari.

Destinate a creare armi atomiche da usare come deterrente contro di loro. Troppo rischioso sollevare un polverone simile – fu evidentemente la considerazione di Washington – che avrebbe potuto far saltare i negoziati: destinati poi a sfociare nel 1979 nello storico trattato di pace tra Israele ed Egitto, proprio sotto l’egida dell’amministrazione Carter.

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