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Usa: tentò di fuggire dall’isola di Epstein sfidando gli squali

Emergono nuovi dettagli sulle atrocità commesse da Jeffrey Epstein, morto suicida in un carcere di New York (foto d'archivio) KEYSTONE/AP New York State Sex Offender Registry sda-ats

(Keystone-ATS) Mesi di abusi e finalmente uno spiraglio in un raro momento di libertà: Sarah Ransome, una delle accusatrici di Jeffrey Epstein, contava sulle sue capacità di nuotatrice per lasciare l’isola privata Little St James del finanziere morto suicida in carcere a New York.

Ransome puntava a raggiungere la vicina isola di St. Thomas in un’impresa dettata dalla disperazione, che nemmeno le acque infestate da squali riuscivano ad arginare. “Ero stata stuprata tre volte quel giorno. A quel punto uno squalo sarebbe stato il mio migliore amico. Non ci ho nemmeno pensato, volevo solo fuggire”, ha raccontato al Telegraph la donna britannica nella sua prima intervista.

Ransome non arrivò lontano, fu individuata grazie alle videocamere disseminate sull’isola e in pochi minuti convinta a rientrare, si legge ancora sul Telegraph.

Nel 2017 la donna però denunciò Epstein e la sua confidente Ghislaine Maxwell oltre a tre presunte assistenti, affermando di essere stata vittima di traffico sessuale per sette mesi. Accuse respinte dalla Maxwell. Il caso fu poi concluso con un patteggiamento extragiudiziale, ma Sarah Ransome ha deciso di parlare per la prima volta alla luce del suicidio di Epstein per incoraggiare altre donne a farsi avanti.

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