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Usa 2016: sfida fra repubblicani, ma tutti contro Hillary

(Keystone-ATS) Tutti contro Hillary Clinton. Perché ora ai candidati repubblicani alle presidenziali americane del 2016 l’ex first lady fa davvero paura, consapevoli che la sua corsa verso la Casa Bianca rischia di essere incontrastata.

“È una bugiarda che viene protetta dai media”, attacca il giovane senatore della Florida, Marco Rubio durante il terzo dibattito tv dei repubblicani, in diretta sulla rete finanziaria Cnbc e dedicato prevalentemente alle questioni economiche.

Anche l’ex numero uno del gigante hi tech Hp, Carly Fiorina, si scaglia contro la Clinton, con cui condivide lo stesso obiettivo: diventare la prima presidente donna degli Stati Uniti “Io sono il peggiore incubo di Hillary”, incalza la ex manager, definendo “ipocrite” le politiche avanzate da Clinton sulle donne.

Hillary li ascolta da casa, e non può che sorridere. Commenta l’evento in diretta su Twitter, non nascondendo la sua soddisfazione per quella che considera la pochezza dei suoi avversari. E il dibattito a cui assiste le sembra la conferma di questo, a chiusura del suo mese di ottobre “perfetto”.

Sul palco della University of Colorado non hanno brillato né il ‘re del mattone’ Donald Trump né l’ex chirurgo Ben Carson, che si giocano in questa fase il ruolo da frontrunner nello schieramento dei repubblicani.

Ma che di fonte alle domande specifiche dei giornalisti sui principali temi di economia e finanza mostrano i loro limiti su tali argomenti. Numeri alla mano e calcoli fatti per l’occasione sulle singole proposte dei candidati mettono in difficoltà i protagonisti sul palco, inclini a smarcarsi dal pressing dei moderatori.

E non ne ha certamente approfittato Jeb Bush, che ancora una volta sembra aver perso una grande occasione per risalire la china e guadagnare una posizione da protagonista. Non sfruttando quella che dovrebbe essere una sua maggiore competenza in materia di ricette economiche, avendo governato un grande stato come la Florida.

Decisamente meglio ha fatto il suo ex delfino Marco Rubio, a cui l’establishment del partito guarda con sempre maggiore attenzione, considerandolo come la possibile alternativa a Jeb. La stessa valutazione che starebbero compiendo i principali finanziatori e grandi donatori della campagna elettorale repubblicana.

Rubio non ha avuto alcun riguardo per il suo ex ‘maestro’, replicando con durezza alla richiesta di dimissioni da senatore: “O partecipi ai voti in Congresso o lasci”, ha detto Bush. Ma Rubio gli ha risposto a tono non cadendo nella provocazione.

E se i media Usa a caldo danno la sufficienza anche al beniamino dei Tea Party, Ted Cruz, e al governatore del New Jersey, Chris Christie, insolitamente tranquillo è apparso il vulcanico ed eccentrico Donald Trump, che mostra qualche segno di nervosismo solo quando il moderatore gli chiede se molte delle sue proposte – dal muro per gli immigrati al confine con il Messico alla sua ricetta sulle tasse – non sembrino prese più da un libro dei fumetti che da un programma elettorale: “Non è una domanda molto carina da porre”, perde le staffe il magnate newyorkese.

Poi rilancia una delle sue idee più provocatorie: basta alle “gun-free zones” negli spazi pubblici, perché “sono solo l’obiettivo di squilibrati mentali”. Un’affermazione fatta nell’auditorium della università del Colorado dove a tutti è permesso girare con armi.

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