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Venezia: accolto bene film svizzero “Giochi d’estate”

(Keystone-ATS) I segreti confidati nell’oscurità di un rifugio di fortuna, i giochi sempre a rischio di degenerare in qualcosa di irreparabile, le ribellioni: sono le prove che consentono agli adolescenti di “Giochi d’estate”, coproduzione svizzero-italiana girata dal regista elvetico Rolando Colla, di superare i traumi subiti in famiglia. Pubblico senza fiato per tutto il film – prima pellicola svizzera nel programma principale della Mostra dal 2004 – e cinque minuti di applausi calorosi interrotti dallo stesso regista.

Nic ha un padre “coatto” e violento ed una madre deturpata dalle percosse, Marie non ha mai conosciuto il padre ed è in conflitto con la madre: cresceranno nel corso di un’ordinaria vacanza estiva.

Interamente girato in un campeggio e in un vicino campo di grano, il film – di impianto e cura pasoliniana, ha dichiarato il regista in conferenza stampa – verte sui maltrattamenti in famiglia e sulle ripercussioni che hanno sui giovani. C’è anche qualcosa del “Signore delle mosche” (1963) di Peter Brook, in questa aggiornata versione de “La guerra dei bottoni” (1962) di Yves Robert, ma non risultano precedenti al processo di verità con cui viene qui messo a nudo il rapporto genitori-figli.

Per Colla, nato nel 1957 a Sciaffusa, “gli adulti sono come barche immerse nell’acqua solo per metà, oggetti incastrati in posizione inclinata, ormai quasi incapaci di muoversi, i bambini invece sono come cercatori di perle che si tuffano in mare. E la storia va avanti con loro”.

Nell’intreccio delle storie, due i piani fondamentali: la vita di campeggio e il campo dove bambine e bambini giocano esorcizzando in psicodramma il vissuto quotidiano. Un labirinto emotivo, come il simbolo etrusco che un vicino di tenda mostra a Nic e al fratellino, tentando di difenderli.

Il gioco preferito dell’estate è quello del killer, un nascondino rivisitato nel quale chi è destinato a “star sotto” deve acconsentire ad ogni desiderio del vincitore camuffato con una maschera da sub, in un crescendo di prove sadiane. A farne le spese anche diversi animali: una lucertola e un ragno per davvero, un cane lapidato con trucco filmico.

Così Nic cerca di insegnare a Marie il proprio stratagemma per difendersi: non provare alcun sentimento, non accusare dolore: “io non sento niente – le dice – devi pensare che non sei tu, è un’altra persona”. Comincerà a tornare se stesso, fino a un tentato parricidio, proprio per effetto del rapporto con Marie.

Quando Marie riesce a sapere del proprio padre, morto in un incidente in moto, è Nic a organizzare un’avventurosa gita in barca al cimitero dove è sepolto, affinché lei possa finalmente incontrarlo. E sarà Marie – fortissima la scena in cui lei lo accarezza con i propri capelli – a fargli ritrovare definitivamente la strada delle emozioni vitali.

Di grande interesse il percorso di preparazione al film: due anni per la sceneggiatura, lunghi mesi di training “familiare” tra gli interpreti – tra i quali Armando Condolucci, Fiorella Campanella, Alessia Barela, Antonio Merone – e cura assoluta del dettaglio (il campo, ad esempio, è stato seminato un anno prima dallo stesso Colla con i contadini del luogo, affinché il grano fosse alto abbastanza da potercisi nascondere). Fotografia di Lorenz Merz.

Il film sarà presentato anche al Festival di Toronto (8-18 settembre) e uscirà nelle sale ticinesi il 16 settembre.

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