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Vivi perchè Bartali ci nascose in cantina

(Keystone-ATS) FIRENZE – Il grande campione di ciclismo Gino Bartali nascose una famiglia di ebrei nella cantina di casa sua a Firenze, ma l’episodio finora è rimasto sconosciuto a tutti: ne ha avuto testimonianza per la prima volta il mensile “Pagine Ebraiche”. “Sono vivo perché Bartali nascose me e la mia famiglia in cantina”, ha raccontato al periodico Giorgio Goldenberg, 78enne ebreo originario di Fiume, che oggi vive a Kfar Saba, in Israele.
Finora si conosceva l’azione di corriere clandestino di Gino Bartali, che recapitò documenti falsi a circa 800 ebrei nascosti in case e conventi di Toscana e Umbria, ma nulla si sapeva di un suo coinvolgimento diretto nell’opera di nascondimento dei perseguitati. “Me lo rammento benissimo quando Bartali e suo cugino Armandino Sizzi vennero nel salotto di casa nostra, a Fiesole, a parlare con i miei genitori – ha raccontato Goldenberg – Con l’arrivo dei nazisti a Firenze la situazione diventava sempre più drammatica per gli ebrei e dovevamo nasconderci”. Bartali, uomo di ideali ma anche pratico, ospitò la famiglia Goldenberg correndo un rischio enorme da cui non l’avrebbe potuto salvare neppure la fama già acquisita di campione sportivo.
“La cantina della casa di via del Bandino, nel rione di Gavinana, era molto piccola – ha ricordato Giorgio Goldenberg – Una porta dava su un cortile ma non potevo uscire perché avrei rischiato di farmi vedere dagli inquilini dei palazzi adiacenti. Dormivamo in quattro in un letto matrimoniale: io, il babbo, la mamma e mia sorella Tea. Non so dove i miei genitori trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai, solo mia madre usciva con due secchi a prendere acqua da qualche pozzo”. I Goldenberg rimasero nascosti fino all’arrivo degli Alleati nell’agosto del 1944.
La testimonianza potrebbe diventare decisiva per piantare un albero in onore di Gino Bartali allo Yad Vashem, uno dei luoghi della memoria più sacri al popolo ebraico, iniziativa per la quale ci sono stati già vari appelli. “È una notizia bellissima che dimostra ancora una volta il grande cuore di mio padre e che spero ci aiuti a piantare presto questo benedetto albero in Israele”, ha commentato uno dei figli di Gino, Andrea Bartali, presidente e anima della fondazione che negli anni mantiene vivo il ricordo dell’eroismo di “Ginettaccio”.

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